Emanuele Urso e il viaggio dell’eroe
Emanuele Urso al Formello Jazz Festival per la seconda volta!
Il Re dello Swing si è esibito in diverse performance e, per chi lo conosce, sa che il vero spettacolo inizia a metà spettacolo, cioè quando di solito i musicisti fanno il giro di boa della serata, o i protagonisti di una storia, qualsiasi essa sia, toccano l’apice e tornano a casa.
Il viaggio di questo eroe qui, invece, è ben più complesso, Emanuele Urso riscrive sempre la trama che, così, ha due incipit e un finale esplosivo.
♥ Dedico questo articolo, e il breve video, a Roberto Aloisio, un amico prematuramente scomparso, leggeva sempre i miei articoli, spero che le parole e la musica ti arrivino, ovunque tu sia.
Ciao grande uomo.
Il jazzista che crea dipendenza
Le esibizioni di Emanuele Urso sono orgasmo puro, sono bombe di note, sono estasi.
Non c’è un modo “onesto” per descrivere ciò che quest’uomo riesce a fare sul palco, il vero problema degli spettacoli di “The King of Swing” è che vorresti non finissero mai. Creano dipendenza.
Emanuele Urso al Formello Jazz Festival c’era stato già, e i fortunati seduti in platea non avevano potuto fare altro che osannarlo, applaudirlo, mettersi in ginocchio davanti a un mostro sacro della musica.
C’è in lui un demone infuocato che arde, che genera corrente elettrica. Un’energia che si innesca e arriva a bruciare chi assiste ai suoi “campi elettromagnetici”.
Gli occhi, le mani, le pulsazioni di Urso deflagrano e il magma che investe la platea è come oro: fa scintille, crea ricchezza.
Alla domanda: Emanuele, lei ha studiato in Accademia o fatto corsi particolari per imparare a usare le bacchette in quel modo? Lui ha risposto:
Io sono autodidatta, ho però dei batteristi di riferimento tipo Gene Krupa, Sonny Payne, Lionel Hampton”
Autodidatta. Avete letto bene.
Quanto genio in quelle mani. Quanta follia creativa.
Vi lascio giudicare liberamente: qui un breve video che tiene incollati ↓
Emanuele Urso al Formello Jazz Festival: la santificazione di un re
Amo fotografare i musicisti, mi piace entrare nel loro mondo, anzi, meglio, nel loro mondo parallelo.
Sì, parallelo. Perché salendo sul palco entrano in una dimensione surreale, risiedono su altri pianeti e, nel farlo, alcuni riescono a coinvolgere e sconvolgere la platea.
Io i musicisti li rispetto tutti, mi viene di santificarli, soprattutto quando assisto a concerti fuori misura, per non dire alieni. E, davanti a Emanuele Urso la venerazione si amplifica. Mi viene di mettermi in ginocchio e inchinarmi a lui.
L’’altra sera l’ho fatto, per fotografarlo, mi sono inginocchiata e l’ho osannato a modo mio, cercando di catturare quello che i miei umili occhi profani hanno visto.
Il clarinetto di Emanuele Urso
Emanuele Urso è quel musicista che non solo coinvolge la platea nel suo mondo parallelo ma, nel preciso momento in cui suona -aggiungo: generosamente e furiosamente-, fa si che i pianeti smettano di girare intorno al sole e si mettano a girare intorno a lui.
E’ selvaggio, è espressivo, è burrascoso, un tuono nella notte che squarcia il cielo.
Sul palco di Formello si è fatto avanti guardingo, il clarinetto in mano, ma subito dopo pochi secondi era già li ad affondare sulle note, quasi fossero gli acceleratori di una macchina da corsa.
L’Orchestra di Emanuele Urso
L’orchestra che ha suonato con lui è stata cosa enorme. Mi va di nominarveli. Il nome “Orchestra” è riduttivo per questi artisti:
alla tromba Lorenzo Soriano, al trombone Walter Fantozzi, al sassofono Stefano Matteucci, al contrabasso Federico Mazzola, al pianoforte Pietro Caroleo, alla batteria Giuseppe Condò e al microfono la voce di Francesca Romana Fabbri.
Il nocciolo dei concerti di Emanuele Urso sta in questo connubio musicale: gli arrangiamenti che compone sono autentici e chi si esibisce li interpreta con rispetto, con immensa partecipazione, sorridendo, entusiasmandosi.
L’Orchestra è il vaso dilatatore della bomba Urso. Vederli sorridere, esaltarsi, essere risucchiati dalla tempesta musicale… bè, questo è più di un concerto Jazz, eravamo su un pianeta sconosciuto attorno a cui si è messo a girare anche il sole.
Emanuele Urso alla batteria
Nella seconda parte dello spettacolo -quando cioè Urso ha scritto l’altro incipit- è tornato alla sua natura.
Come un animale in cattività che ha bisogno dell’istinto primordiale si è seduto alla batteria a fare le acrobazie con le mani.
Le bacchette volavano in aria e creavano altra tempesta. Creavano il miracolo della gioia.
E assistervi -esattamente come fu la prima volta- è stato un onore, puro godimento per l’animo.
E, mentre suonava, avevo una sola curiosità in testa: ma come fa a gestire tutto contemporaneamente? La tengo lì quella domanda e alla fine gliela pongo, aggiungendo: ha un nome questo particolare tipo di esibizione?
Si chiama Show Funambolico alla batteria. La particolarità è tenere il tempo e suonare delle figure ritmiche sui tamburi, intervallando -ai colpi- dei lanci in aria di bacchette.
Alcuni vecchi batteristi usavano roteare le bacchette, qualcuno proveniva dal circo, diciamo che io ho estremizzato quegli Stick Tricks e mi sono inventato delle figure ritmiche mie”.
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SHOW FUNAMBOLICO
di Emanuele Urso
Se avete perso Emanuele Urso a Formello: il prossimo 2 Agosto si esibirà a Villa Celimontana; e se qualcuno il 24 Agosto si trovasse a Policoro (Matera), lo troverà sul palco del Festival dello Swing!
Sul sito www.emanueleurso.it c’è una sezione Discografia dove si possono acquistare i suoi album, a breve sarà aggiornata con gli ultimi successi.
Grazie Cesare Banchi: infaticabile.
Ogni anno “riesci a portare a casa il punto” con concerti di qualità superiore.
Emanuele Urso al Formello Jazz Festival è cosa privilegiata.
Grazie davvero.
Viva il potere della musica fatto da gente seria e appassionata!
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.