
Amandola è terra d’infanzia,
vino cotto, nevicate e tempeste di sole,
è là dove il suolo si tinge d’oro, di girasoli e spighe.
Un quadro di Van Gogh. Con gli oleandri lungo le strade.
E madri che ricamano merletti. E padri che mietono grani.
Sono andata via tante volte da questa “stanza” segreta e bucolica,
ma la notte, le mie radici tornano lì,
sulla cima di un vecchio silos solitario,
sotto il cielo nero di campagna e stelle di latte,
e un luccicore di luna che illumina i sentieri di sassi e polvere.
Non sono nata tra queste montagne,
ma il loro impeto mi si è aggrappato addosso.
Libero, per rendermi libera.
Una finestra che apro e chiudo, e che resta immutata
nonostante i terremoti e le vite sparite,
i miei affetti,
che camminano come fantasmi tra le croste dei palazzi rimasti.
Gli anziani che ho amato,
fatti di quella stessa pasta delle montagne,
fieri, generosi, instancabili.
Composti.
Che mi ingrassavano di sorrisi e filosofia rurale,
di coppe maritate, preghiere,
e punte di olio sulla fronte per togliermi il malocchio.
Vento e pioggia, fuochi d’artificio,
il paesaggio muta sotto le palpebre,
mentre Dio e il Diavolo iniettano le radure di odori selvaggi e misticanza.
Mi inzuppo di quella linfa selvatica, che resuscita la pelle.
Mai come qui.
E resto. Resto fino all’alba,
fino al rintocco delle campane
che musicano il paesaggio di misteri e sacralità.
Tra le balle accatastate, e due amici a farmi compagnia,
mastico il fieno,
che sa di orina, di farfalle,
di pascoli verdi e corteccia di alberi.
E poi corro libera fino al fiume Tenna,
i piedi nella memoria dell’acqua
che trascina con sé leggende, trote gaudenti,
e il viso magnifico di mia nonna,
che vi si specchiava lavando i panni.
Stringo gli occhi.
Trattengo quelle “stanze” ancora un po’.
Fuori, dove vivo,
si accalcano pitture diverse, senza Sibillini, però.
Senza galli canterini, campi di mais
e grandinate di stelle che puncicano gli occhi.
E anche i miei capelli spettinati,
e quelle guerre di fieno in testa,
diventano ricordo.
Un paesaggio, il mio,
che inizia e finisce su un silos…
Là, dove tornerò sempre.