Home VIAGGIO A REGOLA D'ARTE Napoli è Artemisia Gentileschi detta “La pittora”

Napoli è Artemisia Gentileschi detta “La pittora”

Tra i più grandi autori "caravaggeschi", Artemisia Gentileschi è un manifesto femminista, la donna che sovvertì le regole. Ma dove giace il suo corpo? Questo è un mistero.

di Emanuela Gizzi
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Le opere di Artemisia Gentileschi tornate a Napoli

Napoli è Artemisia Gentileschi, senza dubbio.
 A riscattare una colta “napoletanità” e a rappresentare questa meravigliosa città nel mondo c’è soprattutto lei, con il suo talento e il suo coraggio di donna.
E Napoli la celebra con diverse mostre, alcune attesissime per i rientri in patria della “Giuditta che decapita Oloferne“, presso il Museo del Real Bosco di Capodimonte e de “La Maddalena“, in esposizione fino al 30 marzo, presso il Chiostro maiolicato del Complesso Monumentale di Santa Chiara.
Napoli non tiene nascosta la sua stella, anzi, semmai la esibisce strategicamente in un “immaginario” museo diffuso, come se vi fosse un tacito compromesso tra i vari palazzi, chiese e luoghi d’arte perché le sue opere diventino le tappe di un itinerario, e forniscano a chi visita la città, un diverso e più originale filo conduttore.

Perché Napoli è Artemisia Gentileschi?

Perché non Roma, dove nacque, o Firenze dove si formò e avviò la sua carriera da donna indipendente? O Londra, dove visse anni di fermento artistico?
Napoli divenne il porto sicuro di Artemisia, e fu anche il luogo in cui morì, probabilmente vittima  della peste che si diffuse in tutta la città nel 1656.
Venne sepolta nella Parrocchia di San Giovanni Battista dei Fiorentini e la lapide recitava una frase semplice: “Heic Artemisia”, cioè qui giace Artemisia.
Ma dove si trova ora la sua lapide? Dove le sue spoglie?

Artemisia: dal Rione Carità al Vomero

La Parrocchia dei Fiorentini -che già nel 1557 era stata spostata da Porta del Caputo e innestata nella chiesa di San Vincenzo Ferrer, nell’attuale Via Medina– subì un ulteriore sradicamento, e stavolta definitivo. Nel 1956, quindi sessantanove anni fa, venne infatti abbattuta per fare spazio al nuovo Rione Carità. L’abbattimento era nell’aria già nel 39, quando un decreto approvò la richiesta dell’Alto Commissario ma, fu quando arrivò anche il nulla osta del Ministero dell’Educazione Nazionale, e poi anche l’appoggio dell’Autorità Ecclesiale, che divenne cosa definitiva. E a questa condanna nemmeno la forte opposizione degli intellettuali fiorentini potè nulla.
Questi ottennero però che tutti i tesori artistici al suo interno, dai dipinti ai monumenti marmorei, dagli altari alle sepolture fossero traslate nella nuova sistemazione presso il quartiere Vomero.
Lì, venne ricostruita “l’identità” rubata alla comunità fiorentina ma senza più quel fascino e quella storia che il precedente edificio portava con sé. E senza più neppure i due corpi che vi erano sepolti: quello del giurista, politico e uomo di fiducia del Re di Napoli, Bernardo Tanucci, e quello della pittrice Artemisia Gentileschi.

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Dove è sepolta allora la pittora di Napoli?

I resti di Artemisia rimasero con tutta probabilità sotto l’abbattimento della vecchia parrocchia in Via Medina, i cui crolli non avevano consentito di mettere in salvo tutto.
A noi non resta che immaginarla in quei luoghi, è lì che vive il suo ricordo.
E vive anche nel progetto realizzato due anni fa da un gruppo di giovani molto attivi sul web con “Storie di Napoli”.
Il loro lavoro, che ha prodotto 20 targhe storiche, non ha lasciato indietro le vicissitudini di Artemisia Gentileschi, definita comunemente la “pittora” di Napoli.
Le targhe sono ubicate proprio nel Quartiere Vomero e raccontano alle nuove generazioni l’identità della comunità fiorentina. 

Il viaggio di Artemisia Gentileschi: da Roma a Firenze

Dopo Roma e le tristi vicissitudini che la videro prima subalterna nella bottega del padre, Orazio Gentileschi, e poi vittima di stupro del pittore Agostino Tassi, ella spostò la sua vita prima a Firenze e poi a Venezia ma, seppure fu la prima donna a frequentare l’Accademia delle Arti e del Disegno, non riscosse il successo che meritava. Almeno, non così definitivo.
A Firenze si guadagnò la stima di alcuni colleghi, tra cui Michelangelo Buonarroti il Giovane, e di molti granduchi, tra cui Ferdinando II.
La Giuditta che decapita Oloferne -la prima della serie- esposta agli Uffizi di Firenze, fu il suo passaggio dalla morte alla vita. Artemisia rinacque attraverso quelle forme e quei colori, cioè trasferì lo stupro patito, dalla carne alla tela.
Forse si liberò del mostro, forse no, quel che è certo è che lo fece utilizzando il linguaggio e i chiaroscuri caravaggeschi, di cui diventò la prosecutrice più innovativa e ispirata.

Le opere di Artemisia Gentileschi che si possono vedere a Roma

Nella mostra presso il Palazzo Braschi fino al 23 Marzo 2025:

  • Cleopatra,  collezione Cavallini Sgarbi, Ferrara (1620 ca.)
  • L’Aurora,  Collezione privata Alessandra Masu, 1635 – 1637
  • Giuditta e la serva con la testa di Oloferne (Detroit), Palazzo Montanini Leoni della Fondazione Carit (1640)

Invece, presso la Galleria Spada:

  • Madonna che allatta, Galleria Spada,1612
  • Santa Cecilia suona il liuto, Galleria Spada, 1620

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Le opere di Artemisia che si possono vedere a Firenze

  • L’Inclinazione, Casa Buonarroti (1615 – 1616)
  • Conversione della Maddalena, Galleria Palatina di Firenze (1620 ca.)
  • Giuditta e la sua ancella, Galleria Palatina di Firenze (1615 ca.) 
  • Giuditta decapita Oloferne, Uffizi di Firenze (1620 ca.)
  • Santa Caterina d’Alessandria, Uffizi di Firenze (1615 ca.)

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dipinto-do-artemisia-gentileschi-l-inclinazione-raffigurante-un-giovane-nudo-coperto-da-un-drappo-che-siede-sulle-nuvoleL’Inclinazione “condanna” Artemisia Gentileschi post mortem

Un suo dipinto del periodo fiorentino, “L’Inclinazione”, fece precipitare ancora una volta il talento dell’artista e la sua visione originale. Artemisia era già morta quando nel 1680, l’opera -che doveva raffigurare la propensione all’arte di Michelangelo Buonarroti- venne ritenuta inadeguata e indecorosa per la sala del piano nobile della famiglia del pittore.
A quel ritratto, non venne perdonata la nudità esposta. E la scelta della pittrice -che secondo i benpensanti non aveva avuto alcun riguardo per la posizione di spicco della famiglia nella società- venne sovvertita, e un drappo e dei veli comparvero improvvisamente sulle inaccettabili nudità.
Nel 2023, però, con il Progetto Artemisia Upclose, si è svelata una “Inclinazione” senza panneggi.
Grazie ad un team di restauro che ha lavorato per immagini diagnostiche si sono rintracciati i contorni sotto i veli ed è stato possibile ripristinare la versione originale e restituire dignità alle scelte creative dell’autrice.  Sicuramente resta una disvelatura virtuale ma sicuramente apprezzabile.

A Venezia l’Estasi di Maria Maddalena

A Venezia l’esperienza di Artemisia fu breve, solo un paio di anni, ma la pittrice riscosse lo stesso un discreto successo, stavolta tra i poeti del tempo i quali non mancarono mai di dedicarle versi significativi e lusinghieri. Sia per il carattere che per le doti artistiche.
L’estasi di Maria Maddalena” uscì in quel frangente di vita, anche se il dipinto era in lavorazione già nel periodo romano. E come per tutti i quadri di Artemisia Gentileschi, anche qui, la protagonista eccelleva per il messaggio innovativo: l’interpretazione che fa della Santa, azzera quasi totalmente la versione della penitente ed esalta invece una donna carnale, dalle belle forme, con una sua spiccata sensualità. Insomma, una donna terrena.
Concetti “caravaggeschi”, certamente, ma la voce di Artemisia è unica e sempre in anticipo rispetto ai tempi.
L’opera è esposta attualmente presso la Fondazione Musei Civici di Venezia, grazie a una donazione di privati.

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Artemisia Gentileschi è Napoli

E arriviamo a Napoli, al perché Napoli è Artemisia e Artemisia Napoli.
Solo in questa città la donna poté dipingere alla pari e ottenere la sua prima commessa pubblica, e poi altre.
Eventi questi che, altrove, non si erano verificati fino a quel momento.
Fu il Duomo di Pozzuoli a darle questa opportunità e lei la colse immediatamente. Da quell’istante la sua carriera decollò, tanto da essere chiamata a Londra, dal Re Carlo I, per dipingere il quadro “Autoritratto come allegoria della Pittura”, attualmente a Kensington Palace nella collezione reale.
Artemisia Gentileschi non mancò il senso del suo viaggio nemmeno in quella occasione e si ritrasse in una posa ritenuta coraggiosa, e come sempre originale visto l’impaginato del corpo, di profilo, appoggiato su un fianco, e con il braccio completamente proteso verso un’allusiva tela.
L”artista non badò molto alla forma: infatti venne meno l’inserimento di un gioiello o di un abito raffinato, ma diede più spazio alla sua essenza.  
Si ritrasse probabilmente utilizzando uno specchio ma gli studiosi si sono chiesti: è davvero lei quella donna?

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Due autoritratti di Artemisia Gentileschi a confronto

A comprovare che sia lei la donna nell’Allegoria della Pittura vi sono poche opere, visto che degli altri due autoritratti certi -citati in alcune sue corrispondenze- non si ha più traccia.
Bisogna dunque confrontare due opere in cui verosimilmente si sia ritratta.
Il primo è conservato presso le Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma dove, a differenza dell’Allegoria dell’Arte, qui la Gentileschi ben raffigura il valore del suo status e del suo affermarsi come artista-donna a Napoli. La corona di alloro che calca in testa è forse l’emblema più significativo di una raggiunta indipendenza e riconoscimento artistico.
Il secondo, invece, “L’Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria”, raffigura una giovane Artemisia. Erano gli anni di Firenze, 1615-17, pertanto i lineamenti più acerbi potrebbero falsare il confronto con l’Allegoria della Pittura. Ma i tratti somatici, a guardarli bene, appaiono simili.
Oggi Artemisia Gentileschi gioirebbe pensando che quest’ultimo ritratto è stato acquistato dalla National Gallery per tre milioni e seicento mila sterline, ma non tanto per il denaro quanto per aver raggiunto in vetta i colleghi-uomini, infrangendo ogni regola gerarchica e artistica.

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La Maddalena Penitente: le due versioni

Napoli è Artemisia Gentileschi anche per alcune sue opere che, al pari dall’artista, hanno viaggiato e che, dopo tanto peregrinare, sono tornate in auge.
Ebbene, dopo quattrocento anni di vari passaggi di mano, e anche di buio, ha ritrovato la luce “La Maddalena Penitente“, uno dei quadri “napoletani” di Artemisia.
Questo le venne commissionato da Fernando Enriquez Afán de Ribera, l’allora Vicerè di Napoli, che in quel periodo si trovava a Roma come ambasciatore.
La Penitente” prese vita in quegli anni, tra il 1625 e il 1626, per poi raggiungere Siviglia dove venne esposta nella Casa de Pilatos, la residenza del duca spagnolo, e dove, secondo vari studi, venne copiato da molti artisti. Tra questi, una copia si trova nella Cattedrale di Siviglia e l’altra nel Museo Soumaya di Città del Messico.
Il vero dipinto, invece, passò da una collezione privata all’altra, sparì in vari momenti e ricomparve in altri, fino a quando nel 2024 non venne acquistato dal Kimbell Art Museum, dove si trova esposto dal settembre scorso, di fianco a un quadro di Caravaggio, I Cardinali.
Sebbene molto diversa, Artemisia dipinse una seconda Maddalena Penitente, negli anni immediatamente successivi alla prima, dal 1627 al 1629, e questa opera si trova in prossimità di Napoli, a Sorrento, presso la Stanza delle Meraviglie del Museo Correale.

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Le opere di Artemisia conservate a Napoli

  • Giuditta decapita Oloferne Museo del RealBosco di Capodimonte Collezione Borbone (1612 – 1613)
  • Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne Museo del RealBosco di Capodimonte Collezione Farnese (1645 – 1650)
  • Annunciazione Museo del RealBosco di Capodimonte Collezione Borbone (1630)
  • Sansone e Dalila Palazzo Zevallos – Gallerie d’italia (1630)
  • La Maddalena (fino a marzo 2025) Chiostro Maiolicato del Complesso di Santa Chiara (1630 -1635)
  • Adorazione dei Magi Cattedrale di Pozzuoli, Rione Terra (1636 – 1637)
  • Santi Procolo e Nicea Cattedrale di Pozzuoli (1636 – 1637)
  • San Gennaro nell’Anfiteatro di Pozzuoli Cattedrale di Pozzuoli (1636 – 1637)

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Parigi e la prossima Mostra su Artemisia Gentileschi – SAVE THE DATE!

Un prossimo appuntamento con la nostra “pittora” è fuori dai confini italiani, a Parigi, dove il Musée Jacquemart-André ospiterà dal 19 marzo al 3 agosto 2025 una mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi e al suo coraggio.
Si evince da alcune dichiarazioni che l’ente organizzatore sposterà l’attenzione dallo “stupro” al talento, perché è soprattutto la vita artistica della pittrice che dobbiamo conoscere e valorizzare.

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La Disobbediente

Ho iniziato a seguire i dipinti di Artemisia Gentileschi partendo dal libro di Elizabeth Fremantle, letto di recente. Una storia capolavoro, un condensato di tante emozioni toccanti che indagano la vita della pittrice italiana.

Emanuela Gizzi Fotografa ideatrice di Mapping Lucia

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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