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Margherita Hack: 100 anni tra le stelle e il sole

di Emanuela Gizzi
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Oggi Margherita Hack avrebbe compiuto 100 anni e allora la ricordo così, una donna fatta di stelle e luce

Margherita Hack è nata il 12 Giugno 1922, un secolo fa, ed è mancata il 29 Giugno del 2013, ormai 9 anni fa, all’età di 91 anni.

Incontro con Margherita Hach

È alle stelle che guardiamo per romanticheggiare, sognare, essere ispirati. È il sole che ringraziamo quando la giornata è bella, piena di luce, ideale per uscire, fotografare, divertirsi.
La nostra strada, da qualche parte, si unisce alla via Lattea: c’è un gate, lo so, qualcosa che ci lega.
Margherita Hack, questa donna senza tempo -e un’aura speciale intorno-, la amo da quando tantissimi anni fa lessi di una sua “strana” teoria e, qualche anno dopo, sfogliai delle vecchie riviste di astronomia.

Al cospetto di una teoria

Succede qualche volta di imbattersi in cassetti pieni di stelle. A voi no?
Io avevo uno zio che raccoglieva monete, lo faccio anche io, da sempre, e collezionava francobolli, lo facevo anche io, prima, quando ci si scriveva. E aveva una collana di riviste sull’universo, sull’origine, il big bang, l’evoluzione e le stelle.
Lessi lì, tra le righe di quelle pagine, qualcosa che mi impressionò: la teoria di una certa Margherita Hack parlava di un futuro davvero difficile da accettare.

Passione Universo

Percepii che quella donna doveva amare molto ciò che faceva, non sapevo ancora quanto, ma la tenni lì, nella memoria. Alcuni anni dopo la vidi in un’intervista, le diedi un volto. Fino a quel momento avevo solo raccolto il suo nome e messo da parte la sua teoria. Quel giorno disse una cosa che mi emozionò, disse al giornalista che la stava intervistando:

è un lavoro divertente il nostro, è come dire che siamo pagati per divertirci”.

Ho pensato subito: voglio divertirmi anche io lavorando.

Una donna con le idee chiare

Chi era Margherita Hack? Lessi qualcosa sulla sua biografia, vidi qualche intervista e mi ricordo che la prima volta che la sentii parlare la trovai insolita. Nelle sue parole niente di quello che ci si potrebbe aspettare da un’astrofisica della sua fama. Stava parlando d’altro, di diritti negati alle donne, tipo la possibilità di diventare scienziate ai suoi tempi.
Disse che era l’imprinting ad essere sbagliato: non è pensabile che al bambino si regali la macchinina per giocare e alla bambina una bambola. In quel preciso istante si è creato lo spartiacque che sappiamo differenziarci.

Forse è un po’ poco dire che era un’astrofisica. Lei si definiva così, era umile, nessuna voglia di essere una mente eccelsa, solo il desiderio di trasmettere gli studi sulla natura fisica dei corpi celesti.
Voleva trovare -partendo dal puntino celeste- la natura, la densità e le fonti di energia delle stelle.

Io la definisco la donna che mi ha aperto gli occhi.

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Margherita Hack ha aperto le porte del cielo

Immagino vi capiterà di pensarci tutti sospesi nell’universo. Di vedere a un certo punto, nella mente, la Terra tra altri pianeti, tra le stelle, al cospetto del sole. Ecco la Terra siamo noi. Siamo lì.
Noi viviamo sulla superficie di quella sfera, ci camminiamo, la calpestiamo, la denudiamo, la osanniamo, la fotografiamo. Siamo formicai, gente che si muove, che vive la quotidianità!

Da piccola rimanevo spesso a guardare il cielo e quell’azzurro rendeva reale l’irreale, come una maschera che ha bisogno di stare in viso per fare il suo dovere mistificatore. Vidi davvero la massa celeste sopra la mia testa molti anni dopo, quando questa Margherita Hack entrò di prepotenza nella mia testa.
Il cielo c’è sempre stato, prima di me, di te, ci sarà durante, e ci sarà anche dopo. Ma non mi ero mai chiesta dove fossimo veramente. Tu te lo sei chiesto veramente?
Studiamo tutti scienze, quindi sappiamo dove siamo. Ma lo sappiamo con distacco, come se non fosse una cosa che ci riguarda.  Un conto è saperlo, un conto è rendersene conto. Forse lo scansiamo questo dato per non avere paura. La scienza dice molte cose, fa molti calcoli, ha risolto molte questioni ma non la più importante: come facciamo a starcene appesi a testa all’ingiù nell’universo? E dove finiamo quando moriamo?

Astrofisica anti-romantica

Margherita Hack non voleva fare l’astrofisica, le piaceva costruire navi, smontare e rimontare la bicicletta, giocare con i Meccano, e aveva tanti chiodi, cacciaviti, dadi, martelli.
Guardava le stelle per quello che sono, non come noi sognatori e romantici, le osservava definendole centrali nucleari, ovvero dei palloni di gas in equilibrio tra la forza di gravità e la forza della pressione del gas.
Tutto questo ci crea stupore ma anche i brividi. No? Alzare gli occhi al cielo, e guardarlo davvero, è emozionante e quello che si prova è talmente forte da non saperlo raccontare.

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Il cielo come non l’avevo mai visto

Quando ho capito di essere piccola, questa piccolezza mi ha resa per alcuni aspetti libera.
Da ragazzini si hanno troppe aspettative, sia perché vogliamo arrivare da qualche parte, senza sapere dove, sia perché abbiamo bisogno di dimostrare sempre chi siamo.
Forse, sentirci parte di un cosmo che non possiamo pilotare ci permette di fare pace con il nostro ego smisurato e anche di prendere la vita in modo più leggero.

In nome della Hack

La nostra Margherita Nazionale non era solo un’astrofisica, non si limitava a studiare lo spettro delle stelle ma anche a lasciarcelo immaginare.
Non a caso è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia. A far sì che le sue ricerche e le sue attività didattiche portassero all’avvio di un Istituto di Astronomia che poi è diventato un Dipartimento di Astronomia.
Ha diretto il dipartimento e ha diretto per tutta la vita anche la rivista “L’Astronomia” che “per sbaglio” è arrivata nelle mie mani.
A 100 anni dalla sua nascita, a Trieste, si celebra l’Hack100, un insieme di eventi a lei dedicati. Tra le cose più importanti, c’è la riapertura dal 6 al 12 giugno della Specola di Basovizza, la stazione osservativa dove Margherita studiava le stelle.

Una strada scritta tra le stelle

Margherita era un’atleta prima di diventare la Hack, giocava a pallacanestro e si cimentava, anche discretamente, nel salto in alto. Lei volava già, senza saperlo. Forse perché il suo papà invece di leggerle le fiabe per piccoli le leggeva i libri di divulgazione scientifica e le insegnava la differenza tra stelle e pianeti.
Margherita Hack è vissuta tra letterati, la famiglia si aspettava da lei una carriera accademica, e quindi non disattese quel sogno familiare, si iscrisse a Lettere.  Pensava davvero che quella fosse la sua strada, aveva sempre avuto un pensiero, il modo di dirlo, di tenere testa, di non farsi intimidire da un mondo prettamente maschile. Era antifascista, animalista convinta, simbolo gay per le sue prese di posizione a favore degli omosessuali, una donna che scriveva e manifestava la sua opinione in maniera del tutto libera. Ma successe immediatamente qualcosa appena entrata in aula, dopo nemmeno mezz’ora -rivelò in un’intervista di qualche anno fa- capì che aveva sbagliato decisamente tutto.
Erano i numeri a esaltarla, le mani che sentono il bisogno di toccare gli elementi a farla sentire viva, la fisica a riempirle la testa di domande. Tornarono i Meccano, i chiodi e i martelli.
E’ quando scrisse la tesi che pensò improvvisamente, per la prima volta, all’astronomia per allontanarsi dalla teoria. Voleva cimentarsi in qualcosa di pratico e sperimentale. Si ritrovò così, tra le stelle, come diceva lei, “a divertirsi”.

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La teoria sul sole di Margherita Hack

Il suo lavoro non lo posso comprendere, non ho gli strumenti adatti, dopo un po’ mi perdo con i numeri. Io, al contrario di Margherita, ho capito subito che la matematica non sarebbe mai stata la mia strada. Però, ho preso il buono che ho compreso dalle sue parole, e custodisco da allora questa rivelazione sul sole che, all’epoca, lo ammetto, mi fece paura, e poi però mi ha anche cambiato la vita e il senso di questo viaggio.
Sì, a un certo punto -se ascoltate qualcuna delle sue interviste- tra le stelle spunta il sole. Che è una stella più grande ma non così grande, “media” tutto sommato.
Però noi dipendiamo dal sole. Tutti i giorni dobbiamo ringraziare il sole di essere vivi, di poter godere e gioire della bellezza che abbiamo intorno. Tutto dipende dal sole e dall’acqua.

Il sole che muore

Il sole ha una temperatura superficiale di 6 mila e 300 gradi e con quella ci riscaldiamo, le piante nascono, crescono, diventano cibo. Ma tra 5 miliardi di anni il sole avrà esaurito il suo combustibile nucleare e il centro del sole comincerà a raffreddarsi, e raffreddandosi non potrà più sostenere il peso della massa sovrastante.
Questa specie di camicia gli cadrà addosso, comprimendolo, e ottenendo così che la temperatura salga fino a 100 milioni di gradi. A questo punto, l’elio -prodotto dall’idrogeno- diventerà carbonio e comincerà a produrre un’energia tale che il sole dovrà allargarsi per fargli spazio. Ecco, allora, che la terra e tutti gli altri pianeti verranno travolti da questo irraggiamento incandescente e scompariranno.

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Senza più ricordi

Il mio cuore, quando lessi che la Terra sarebbe scomparsa, pianse. Non potevo credere che tutta questa bellezza sarebbe andata perduta per sempre.
Il Colosseo non ci sarà più, quello che avremo costruito e lasciato non apparterrà più a nessuno. Anche le mie parole saranno divorate dal sole. Tutto brucerà. I pensieri, ciò che sono stata, se ho litigato, pianto, riso non si ripeterà in altre forme di vita.
Io ho un bicchiere di vetro dove metto le cose che trovo. Una specie di scatola degli oggetti dimenticati. Penso che in ciò che raccolgo regni il respiro di qualcun altro, la sua pelle e la sua storia. Ecco, non ci saranno più scatole, fotografie, qualcosa che ricordi chi siamo stati. Nemmeno per errore.

La memoria degli oggetti

Tempo fa ritrovai nella vecchia casa che era stata di mio nonno degli oggetti che gli appartenevano, e che prima erano appartenute ai miei bisnonni, e chissà, magari ai miei bis-bisnonni.
Queste cose -ho sempre pensato che qualcun altro le avrebbe trovate dopo di me- che mi sarebbero sopravvissute. E per un po’ sarà così ma poi non ci saranno più.
Chi le troverà può darsi deciderà di tenerle. Perché la memoria che c’è negli oggetti, non gli oggetti in sé, è più preziosa di qualunque altra eredità.
Ma poi il sole brucerà anche quelli, purtroppo. Mi consola il fatto di averli comunque resi a qualcuno per un po’.

Scienza o Dio?

Questo pensiero del sole che muore mi ha incantata, allarmata, plasmata. La vita, e quello che facciamo, hanno un peso diverso se pensiamo a noi stessi in questa condizione.
Le guerre, non le capisco. La droga, non la capisco. La malvagità, non la capisco. Io credo in questo cielo, nel suo potere, in quello che ci regala. E so che siamo fortunati di poterlo vivere, anche se non per tanto tempo. Margherita non credeva in Dio, diceva che era una scappatoia per spiegare ciò che la scienza non riesce a spiegare. Forse è come diceva lei ma, in un certo senso, se la scienza non riesce a spiegare certe cose, di per sé, è già una risposta. No?

Ciao Margherita Hack,
grazie per la strada che hai disegnato per noi.


Parlando di stelle, una poesia su Dante Alighieri
LASSU’ CON DANTE


 

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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