Marta Graham mi appassiona da sempre e quando ho deciso di raccontare i viaggi delle donne famose, lei non poteva mancare davvero, i suoi viaggi sono rivoluzioni che hanno contagiato la danza
Tre sono i viaggi di Marta Graham che mi hanno incuriosita, viaggi che ho trovato in linea con la sua figura severa ma appassionata.
Il primo viaggio, L’America
Nel 1930, Marta Graham arrivò in New Mexico, era già la ballerina del mondo, aveva già coreografato diversi spettacoli e, fino a quel momento, aveva portato in scena e studiato il corpo umano come un’espressione di diversi significati.
Non si era fermata alla sola superficie velata della pelle, dunque.
Suo padre, medico specializzato nella cura dei disturbi nervosi, era stato fondamentale per il suo percorso formativo. Lei si rivolgeva -con scrupolosa attenzione- all’equilibrio di forze libere ma complementari: princìpi, che le daranno la fama mondiale, conosciuti come tecnica Graham.
E, l’incontro con le popolazioni native del New Mexico, scaturito da quel viaggio, non alterò questo filone della sua arte -piuttosto- lo ispessì con nuove influenze ispaniche ed elementi indiani. Ciò contribuì a una più moderna visione del mondo primitivo e della fascinazione dei misteri culturali, da cui era certamente sedotta.
Il New Mexico era, e è tutt’ora, una terra prestata al deserto la cui luce astratta ha finito con l’investire anche i palcoscenici di Marta Graham.
Una terra che la coreografa visitò più volte, in vari viaggi, uno dei quali avvenne dopo aver ricevuto la John Guggenheim Memorial Fellowship, un riconoscimento in denaro, che decise -appunto- di spendere visitando dei siti archeologici.
Erano, allora, siti di recente scoperta- evidentemente utili alla sua danza. Non a caso, suppongo, quando decise di convolare a nozze lo fece su un altare di Santa Fè, impalmata dal compagno Eric Hawkins.
Il secondo viaggio: le due diverse Italy
Il secondo viaggio, che mi sembra dimostrare il vibrante appetito di Marta Graham, si svolge proprio in Italia. In due diverse occasioni.
La prima è a Roma quando, in modo riluttante, apprende che nell’Accademia Nazionale di Danza non erano ammessi allievi maschi e, la seconda, è a Firenze quando il pubblico non accoglie bene il suo ultimo lavoro, Clytemnestra.
Ha due reazioni opposte Marta Graham
Mentre da Roma fugge, a Firenze affronta il pubblico facendo un inchino di spalle e mostrando il sedere.
Lei era stata la prima donna a introdurre il ballerino nel corpo di ballo, quando ancora non ve ne era neppure un unghia. Non avrebbe saputo sostenere delle regole diverse dalle sue, come non poteva accettare di essere stata criticata duramente, considerando Clytemnestra il suo più grande capolavoro.
Il terzo viaggio e il registro nero
Ma io credo che il vero viaggio di questa artista moderna e contemporanea sia quello che non ha mai fatto, anzi, che si rifiutò di fare.
Siamo nel 1935, il governo nazista l’aveva invitata a Berlino per esibirsi ai Giochi Olimpici: uno di quei trampolini che l’avrebbero di certo lanciata anche oltreoceano, difficili da rifiutare. Tuttavia lei non era una ballerina qualunque e, nonostante l’appello radiofonico, del Duce-in-persona, si dichiarò pubblicamente contro quel regime che aveva sovvertito e, brutalmente, perseguitato molti dei suoi amici artisti.
Una rinuncia che la iscrisse nel Registro nero delle persone non desiderate.
Ma come avrebbe mai potuto agire diversamente? Lei era la stessa donna che, un giorno, vedendo una pennellata rossa su fondo blu -di Vassilij Kandinskij-, decise che avrebbe sempre danzato come quel colore, con la stessa vibrazione, con lo stesso contrasto che le avevano bucato il petto.
Marta Graham ha aperto le ali al mondo
Martha Graham aveva quasi cento anni quando si spense. Era tornata a New York e stava lavorando al suo ultimo lavoro, The Eyes of the Goddess, che non riuscì a terminare.
Nei viaggi descritti ho trovato il pensiero più filosofico della coreografa.
Innanzitutto la correlazione tra le radici di un paese e quello che la danza può interpretare di esso. Poi, di certo, il suo linguaggio: quale donna del proprio tempo, non ha permesso -a chi l’aveva preceduta- di fermarla, anzi, si è totalmente impegnata a creare un nuovo modello, rompendo gli schemi. Per ultimo, la sua apertura culturale contro ogni forma di razzismo o regime politico. Una posizione che la colloca tra le artiste più rivoluzionarie che il mondo della danza abbia mai avuto.
Dancer’s World, il film che racconta la sua storia, resta tra i documenti più originali e storici prodotti sul suo conto. Purtroppo, da nessuna parte ho trovato il luogo dove è sepolta, ma continuerò a cercarlo.
Di certo lei vive ancora nel suo Martha Graham Center of Contemporary Dance che si trova a New York City, ma anche in tutte quelle scuole di ballo che ne portano il nome e trovano ancora piedi e braccia in grado di ballare il suo Metodo.
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.