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Takaka: misteri della Nuova Zelanda

di Emanuela Gizzi
Takaka Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenuakitanatahu PhotoCredit itravelNZ

Takaka è il luogo del cuore di Alessio che ha visitato la Nuova Zelanda liberandosi perfino delle scarpe, abbracciando i Maori e sognando a Pupù Springs

La semplicità che rende liberi

Peccato che a Takaka è difficile ottenere la cittadinanza o sarei già lì, con le valigie in mano, pronto a viverci per tutta la vita.

Mi ha catturato l’anelito magico della Natura e mi sono sentito libero dalle etichette. E’ vero, in vacanza si è sempre storditi dalle novità, curiosi di scoprire ciò che è molto lontano da noi ma, la Nuova Zelanda, nel suo complesso ti colpisce al cuore per tantissimi motivi.

Innanzitutto le colline, il mare, le montagne, i parchi, i fiumi, sono tutti a portata di mano, è come vivere in una grande città e avere i negozi sotto casa, la metropolitana a due passi, il cinema nella porta accanto. Con la differenza che si può andare ovunque senza essere oppressi dal traffico, e si può farlo vestendosi in modo informale.

La Takaka dei famosi

L’isola del Sud della Nuova Zelanda è molto meno popolosa di quella del nord e anche meno violata dal turismo di massa, e potrebbe, forse, guardare alla rivale con una punta di gelosia: sia per essere stata di ispirazione alla location di un film fantasy come Il Signore degli Anelli -che l’ha lanciata nell’Olimpo delle mete letterarie-, sia per essere stata la scenografia incantevole di Lezioni di Piano -che l’ha portata sotto le luci del Festival del Cinema di Cannes-.

Oltre il legame che il paese vanta con due  celebrità del calibro di Russel Crowe e Jane Campion, entrambi nativi di Wellington; oltre al fatto che Porangahau nasconde un luogo chiamato: Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenuakitanatahu (la collina con il nome più lungo al mondo); e, oltre alla presenza a Auckland di una radice di vitigno antichissimo, Takaka, e tutta l’Isola del Sud, sorprendono per una forma di libertà indefinita.

Vi è mai capitato di entrare in banca a piedi nudi?

Io a Takaka l’ho fatto, sono entrato senza scarpe. In realtà le persone del posto vanno senza scarpe ovunque. Si può andare nudi in spiaggia, fare il bagno in totale relax, non c’è il caos delle grandi stazioni balneari, non c’è fretta, traffico, ansia. Ci si arrende agli scorci, ai riflessi dell’acqua. Ci si abitua al cibo atipico. Dei piatti che hanno un sapore inglese -per via della colonizzazione radicatasi ovunque- ma anche un retrogusto orientale: il curry lo spolverano come fosse zucchero. Inoltre hanno mantenuto l’influenza dei maori che cucinavano il pesce e la carne insieme: d’altronde la terra, questa terra così viva, qui incontra ben due Oceani, l’Indiano e il Pacifico e non può non esserne travolta.

Takaka Waka canoe PhotoCredit Joanne

Takaka Waka canoe PhotoCredit Joanne

Gli abbracci dei Maori

Così come non si può rimanere impassibile di fronte agli abbracci. Le persone sono solari, disposte verso il prossimo e quando ti incontrano, anche se non ti conoscono elargiscono grandi abbracci, accoglienti, energici, felici.

Katherine Mansfield , la scrittrice neozelandese, scrisse:

La felicità è come quando si inghiotte improvvisamente uno spicchio splendente di sole nel pomeriggio”

e forse è tutto qui. Negli abbracci.

Si rimane colpiti, no? È un gesto semplice eppure nella nostra cultura occidentale quasi assente.

Nonostante la colonizzazione inglese, la discendenza Maori –questo popolo antico che ha navigato in waka, la canoa tipica polinesiana- fino a stabilirsi su queste isole, ha riequilibrato gli stili di vita e recuperato le tradizioni proprie di un popolo. Ancora oggi, sono un esempio di come avere una Casa di Riunione, cioè un luogo dove tenere aperto il confronto con le pari-tribù, porti a ristabilire sempre uno stato di democrazia che si riscontra anche nei gesti più comuni come un abbraccio.

Di Arte in Arte

Ma non solo. A Takaka ho potuto vedere il fermento che corre lungo le strade, tra le mani degli artigiani: molti intagliano ancora il legno, come un tempo, quando costruivano le statue lignee a custodia dei villaggi fortificati; altri realizzano i tukutuku (intrecci ornamentali per le case di culto); altri ancora scolpiscono la pietra dura e riproducono l’Hei Tiki, un pendaglio da collo che ha poteri magici perché raffigura gli antenati. E si sa, l’Arte rappresenta sempre una grande ricchezza se viene dal passato.

In Nuova Zelanda il must è il formaggio.  Non solo quello della tradizione locale -prodotto con il latte delle frisone– ma anche quello europeo -tipo il gouda, aromatizzato al cumino, il camembert e il gorgonzola– prodotto e stagionato da famiglie di origine olandese e tedesca. Se ami le prelibatezze casearie in modo viscerale devi sapere che qui sono un’istituzione. Tanto che l’Associazione, Gli Specialisti del Formaggio, ha introdotto il Mese del Formaggio quindi,  a Ottobre, ci si può perdere nei mille locali che propongo ricette o tour guidati nei caseifici.

C’è un’atmosfera di innato ottimismo, ben radicata, e ci si può fidare degli altri, fare l’autostop per raggiungere qualsiasi posto, senza avere timore davvero di nulla, sarò ripetitivo ma le persone sono gentili e hanno un bisogno viscerale di dimostrartelo.

Takaka Pupu Springs PhotoCredit Ben

Takaka Pupu Springs PhotoCredit Ben

 

Nel paradiso di Takaka

Con questo spirito ho potuto raggiungere uno dei posti più incredibili che io abbia mai visitato: Le Sorgenti di Te Waikoropupù, meglio conosciute come Pupù Springs.

Non sono un luogo terreno. Sono un habitat immersivo, uno di quei territori misteriosi in cui si rilevano attività di marea pur non essendoci alcun collegamento col mare. Un luogo dove si nascondono rarissimi muschi, non presenti in nessun’altra parte del mondo. Ecco, un territorio sorgivo di grande carattere che, i Maori, considerano il tesoro culturale e spirituale dell’Isola del Sud, un sito sacro da preservare dall’invadenza umana. Soprattutto perché la purezza delle sue acque è pari solo a quella sub-glaciale dell’Antartide. 

Soltanto ai sub autorizzati è permesso di immergersi nel limbo incontaminato e avvicinarsi alle Sabbie Danzanti, questo fenomeno -tra fantasy e realtà- che si crea sotto la superficie dell’acqua, in prossimità delle prese di espulsione, e che muove –come in un balletto– la sabbia bianca di cui è composto il fondale.

Ai turisti è permesso però di camminare sulla terraferma in quella proprietà leggendaria che è la casa di Huriawa, una creatura soprannaturale capace di viaggiare nei corsi d’acqua e nelle cavità profonde della terra, laddove -cioè- le correnti sono proibitive, e lui, ridando slancio ai flussi elimina possibili blocchi.

È un’esperienza che lascia il segno, soprattutto se si guarda tanta bellezza e tutta insieme. L’acqua, il cielo e la vegetazione sono come i colori spremuti su una tavolozza da pittore, quando per dipingere un quadro si mischiano e creano dei sotto-colori, tanto che la tavolozza stessa diventa -di per sé- un quadro.


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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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