Home VIAGGIO A REGOLA D'ARTE Maurizio Cardaci, i sogni si possono recuperare abbattendo muri

Maurizio Cardaci, i sogni si possono recuperare abbattendo muri

Il cardano è l'elemento chiave della narrazione, tutto parte da un incidente ma la vita sorprende chi ha sogni irrealizzati.

di Emanuela Gizzi
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A tu per tu con Maurizio Cardaci

“Il cardano è un giunto che fa parte dell’albero motore di una moto”, dico, avendolo cercato su Google prima dell’intervista.
“Eh, sì” mi conferma Maurizio Cardaci “Gianluca oltre a essere un professionista, un musicista, un arrangiatore, uno che fa mixaggi e masterizzazioni è anche un centauro, ha una Harley Davidson. Quando abbiamo deciso di dare un nome alla band ha trovato che <cardano> funzionasse e, per assurdo, raccoglie anche il mio cognome <Cardaci>.
Gianluca me l’ha proposta così: -Noi vogliamo rivendicare il diritto di esistere musicalmente-, e quello è diventato il nostro primo obiettivo, non  vogliamo arrivare a tutti ma esserci nel panorama musicale”.

E ci sono riusciti in poco tempo, la distanza esatta dalla prima canzone, Fuori di me, del novembre 2022, alla terza canzone, Dimmi sì, che è uscita a giugno 2023. In mezzo, Sta cambiando il vento uscita a marzo 2023.
Quindi lo snodo, il cardano, ha mosso gli ingranaggi e ha permesso la trasmissione del movimento.
E, da quando si sono mossi, gli Overcardano -over per ovvi motivi anagrafici- hanno innescato diverse scintille, piccoli trionfi che partono da un processo iniziato moltissimi anni fa.

Qualcosa da dire: Gli Overcardano

Oggi vi racconto il percorso di Maurizio Cardaci, chitarrista del gruppo, nonché voce.
Maurizio mi manda un link l’anno scorso, mi dice “sono felicissimo, abbiamo pubblicato il nostro primo singolo, il nostro agnello sacrificale”.
Lo ascolto, mi piace. Il testo non ha grandi riflessioni in sé, non c’è chissà quale messaggio ma è una confessione romantica, quindi avverto il coraggio di manifestarla e anche la poeticità del sentimento. C’è poi, di fondo, una verità, la sua, la loro.
Oggi, nella musica è difficile dire qualcosa che sia originale parlando d’amore. I testi di Fabrizio de André, di De Gregori, di Battiato e di Vasco Rossi, hanno detto tutto. Questo perché rispondono ancora a domande attuali, non si sono svalutati nel tempo. Mentre, oggi, il nostro panorama musicale non brilla assolutamente di parolieri.

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La verità di Maurizio Cardaci sulla musica

Mi chiedo e gli chiedo: “Non è facile rivendicare il diritto ad esserci musicalmente, dicendo cose nuove, come evitate le banalità?”
Maurizio mi da’ una risposta illuminante, quello che io chiamo il momento wow di un’intervista, quando cioè, oltre a tutta la ricchezza che un’artista decide di regalarti, mettendosi a nudo, improvvisamente ti affida anche una pillola di saggezza.

Mi dice:

Dov’è la necessità di dire qualcosa di nuovo? Io credo che quello che volevano cantare i ragazzi degli anni 80 sono le stesse emozioni dei ragazzi di oggi quindi, la cosa importante, non è dire qualcosa di nuovo ma qualcosa di vero, di riconoscibile. I temi sono gli stessi, né più né meno. Dobbiamo solo andarci a prendere la verità, limare le parole, sentire che funzionano.

Va cantata la propria verità.
Per esempio trent’anni fa scrissi un testo, nel ripescarlo mi sono reso conto che non poteva più appartenermi, ho 53 anni, una maturità diversa, se lo avessi cantato non ci avrei creduto nemmeno io. Gli ho cambiato le parole e anche il tema, ho lasciato la musica perché la traccia musicale difficilmente ti tradisce”

Un testo con piccole cose semplici

In questa nostra folle corsa a dire cose intelligenti, nuove, che si discostino da autori passati, ci dimentichiamo che la prima regola, che poi è anche la regola per chi scrive una trama, un racconto, un romanzo, è assolutamente quella di essere fedeli a sé stessi. Non autobiografici, ma con una verità in bocca.
Se racconti frottole solo per emergere ti stai in qualche modo svendendo. E, in questo, la filosofia degli Overcardano mi piace, è centrata, è identitaria. Parte da un qualcosa che ha delle radici profonde. Non uno studio a tavolino ma una semplice rivendicazione “esserci” perché si ha qualcosa da dire.
Ed ecco spiegato, forse, perché i testi mi piacciono. Li sento reali. Nemmeno tanto una realtà che mi appartiene, ma sinceri. E io sono una di quelle persone che crede che le rivoluzioni si facciano con la semplicità, non con i paroloni.

Maurizio Cardaci aggiunge:
“Questo non vuol dire che intorno a ciò che mi arriva gratis, cioè alle parole che nascono dalla mia vena creativa, io non vada a metterci mano. Altroché! Con Gianluca e Fabrizio ci lavoriamo fino a quando non siamo convinti del risultato”.

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Le vere scintille di questa storia sono l’amicizia e il confronto

“Io e Gianluca ci conosciamo da trent’anni, se stecco o se il testo non funziona, me lo dice, non ha paura di ferirmi. E quindi, la versione iniziale della canzone, non è mai quella che editiamo. Ci rimuginiamo, ci confrontiamo, ne facciamo una seconda. Gianluca mi dice -cambia la parola, cambia la struttura, cambia l’accordo…- ma le canzoni sono figli, ti viene spontaneo pensare: mi stai toccando mio figlio-. Nascono dei disaccordi, sì.
A tutto questo, poi, si aggiunge anche la versione di Fabrizio, la spina dorsale ritmica del nostro gruppo. La canzone finale è semplicemente quella versione che ci ha convinti tutti, quella che non nasce da alcun compromesso…
Nel mentre, però, altro che scintille tra noi!”

Questa terza versione, però, non è esattamente quella finale perché c’è un ultimo test!

“Assolutamente!
Non si muove foglia che i miei figli non vogliano!” dice sorridendo.
I figli sono Sara e Simone e sono i primi due critici e fan di Maurizio. E lui ovviamente tiene al parere di questi due giudici d’eccezione.
“Fuori di me, me l’hanno criticata un po’. Dimmi sì, per esempio, piace moltissimo ad entrambi, ma la prima, come ti dicevo, è stato l’agnello sacrificale, serviva per rompere il ghiaccio, per lanciarci in questa nuova avventura, ci sta che non abbia fatto breccia in loro”.

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Maurizio Cardaci si da delle regole?

“Per me la regola è fare ciò che la musica vuole tu faccia.
La musica è prorompente, non decido io. Io apro solo la porta e faccio uscire quello che sono andato a prendermi. La musica già esiste, io non faccio altro che assorbirla per quello che sento, e che mi da’. E anche per come sono. Un altro andrebbe a prendersela per come la sente lui. Quando compongo mi accorgo che la trovo già lì.
La melodia la suono, ma c’è già nelle mie orecchie, la comincio a scrivere, si forma, diventa una linea e su quella linea metto le parole”.

La scrittura profonda di Maurizio Cardaci

Io ovviamente, capirete bene, sono fortemente e follemente attratta dai testi di una canzone. È una esigenza, la mia, e quindi dopo il primo ascolto vado subito a leggermi le parole. E ho voluto intervistare Maurizio Cardaci degli Overcardano perché ho sentito nelle frasi un senso profondo di tenerezza, di gentilezza, ho sentito che dietro c’era un percorso interiore, una storia tra le righe, delle ferite aperte.
Maurizio, dietro di sé ha lasciato un impero di “sì”. Detti per non ferire, detti per accontentare, per non deludere. , che sono diventati torrioni e quindi mura invisibili, che lui stesso aveva contribuito a erigere. Inoltre, alle spalle ha un evento che lo ferma, che mette una zeppa  a quell’ingranaggio che, seppure imperfetto e fatto di , era stata la sua vita fino a quel momento.
Un’emorragia alla spina dorsale lo paralizza, si fa croce, dittatore, martorizzatore dei suoi giorni ma, straordinariamente, l’emorragia scardina il muro.
C’è uno stallo, ci sono giorni difficilissimi ma poi vede qualcosa in questo enorme buco che lo aiuta a risalire, ed è la paura della morte. Vede chiaramente che avrebbe potuto morire.

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La risalita e la musica che torna prepotente

Succede che oltrepassando quella linea qualcosa cambi inesorabilmente.

“Non solo cambia ma rimetti tutto in discussione, le tue scelte, se sei felice, i rapporti con gli altri. Tutto. Il nodo centrale è che ero configurato male. E, morire nella propria stessa vita e poi rinascere ti fa cambiare prospettiva. Ho smesso di accampare scuse, per esempio, se non mi va di fare qualcosa, non la faccio.
E -come era giusto che fosse- mi sono bombardato di domande. Così ho scoperto che volevo riprendere a suonare.
Mi ci sono voluti dieci anni per maturare certe cose poi, l’anno scorso, complice soprattutto l’amicizia con Gianluca mi si sono riattivati certi sogni. Tipo il desiderio di scrivere pezzi miei.
Un salto indietro nel tempo mi ha fatto ripescare le immagini di me che vengo letteralmente stordito, all’età di otto anni, dalla musica dei Beatles, e poi di quando suonavo al Big Mama. Dividevo il palco con cantanti del calibro di Alex Britti e Federico Zampaglione”.

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Gli Overcardano sono un riscatto emotivo

Nelle occasioni mancate e nelle scelte ai bivi c’è sempre un pezzo di noi che resta indietro, la metà a cui rinunciamo. Ma basta una scintilla e la vita ci riporta esattamente dove dovevamo essere.

“Jung diceva:

non chiamateli mai errori chiamateli esperienze.

… sì, sono dove volevo essere e poi mi mancava tantissimo scrivere.
Suonare al Big Mama, davanti a un pubblico che ci applaudiva e gridava i nostri nomi, era una roba bellissima ma anche la scelta più facile.
Oggi è normale che, dopo tanti palchi e tante cover, voglia scrivere pezzi miei”

E a questo punto sono subentrati Gianluca e Stefano che hanno creduto nel progetto di Maurizio e lo hanno preso per mano.

Maurizio Cardaci: meglio sentirsi dire “non mi piacciono le tue canzoni”

Gli Overcardano sono usciti con tre brani molto diversi tra loro, quindi alla domanda: quale sarà il vostro fil-bleu? Lo state ancora cercando?
Maurizio Cardaci mi ha risposto: “il nostro unico filo conduttore, che poi è anche la nostra cifra stilistica, è il genere Rock e Sinth. Cioè, in tutte le nostre canzoni, troverai due chitarre elettriche e un sintetizzatore.
Le canzoni prenderanno la via che credono. Se penso a Zucchero e Vasco sò perché anche alla decima canzone che ascolti non ti annoi: sono vari.
Quindi non è tanto la varietà dei generi che mi preoccupa, più l’effetto noia. Mi ferirebbe sentirmi dire -i tuoi pezzi mi hanno annoiato- preferirei mille volte sentirmi dire -non mi piacciono-“.

>> La musica è un “motore immobile” che genera spostamento, lo ha detto Maurizio in una precedente intervista, e il cardano -in questo senso- è la parola più efficace per dichiarare che è tornato a cantare, a spostare muri, a crearsi dei nuovi spazi nel panorama musicale.

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fuori di me

Sta cambiando il vento

Dimmi sì

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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