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Jane Austen e il viaggio di un ricordo

di Emanuela Gizzi
Jane Austen by James Andrews of Maidenhead su un lavoro incompleto di Cassandra Austen

Jane Austen è una delle scrittrici che più mi hanno tolto il fiato e, al di là della penna, nonostante appaia grigia e apertamente osservatrice, c’è in lei una grande personalità

La lunga strada di un ricordo

Jane Austen non ha viaggiato molto, perlomeno non ha mai lasciato l’Inghilterra, si spostò diverse volte, rispetto al suo luogo natale, Steventon, e conobbe bene solo la contea dell’Hampshire. Oltre ovviamente Londra, verso la quale amava rivolgersi quando aveva bisogno di assistere a spettacoli teatrali e visitare mostre d’arte.

Parto però da una frase che mi ha incuriosita, scritta dalla nipote, Caroline (figlia della sorella di Jane, Cassandra) a James Edward, suo fratello.

Quanto ha viaggiato questo ricordo prezioso!”

scrive Caroline, riferendosi a un piccolo segreto.

E quello fu nient’altro che l’inizio di una rivelazione che, Caroline, cerca ripetutamente nella sua memoria, per ricostruirla, tra stralci di frasi che le tornano in mente e, presumibilmente, un pizzico di fantasticheria.

Una frase che Caroline, riporta, come l’intima confessione di sua madre, quasi volesse svelarle qualcosa di più sulla zia.

Quel filo invisibile

Molto della vita di Jane Austen rimane aleatorio, invisibile a chiunque l’abbia amata e continua ad apprezzarne le opere letterarie. Soprattutto il filone sentimentale che, essendo privo di spasimanti, o matrimoni, o liaison conclamate, le affibbia quasi un ruolo mite, una vita lontana dalla mondanità e un’austerità che poco si adattano all’autrice di romanzi d’amore e di salotto.

Potrebbe dunque aver viaggiato ma di questo non è rimasta traccia? Potrebbe aver amato un uomo ma di questo non è rimasto nemmeno un gossip a confermarlo?

Pare che le lettere più intime, quelle cioè che avrebbero sciolto molte curiosità, Cassandra -questa sorella detentrice dei segreti- le avesse bruciate ma che, in un momento preciso della vita, quello, appunto, che Caroline ha tentato di ricomporre come un puzzle, si sarebbe lasciata sfuggire.

Jane Austen illustration Autore C. E. Brock

Jane Austen illustration Autore C. E. Brock

E alla fine, sospira di un uomo conosciuto un’estate, profondamente innamorato di Jane, e ricambiato dalla stessa. Un uomo che, senza alcun dubbio, doveva aver goduto del benestare di Cassandra. Tanto che è l’unica figura di spicco ad emergere, dall’apparente solitudine dell’autrice, nel post-mortem.

Ne rivela perfino il triste destino: una fine tragica, dell’uomo, che stronca ogni possibilità di futuro per i due innamorati.

Quel cammino a metà

Virginia Woolf scrisse:

Quando è morta, a quarantadue anni, ella era ancora soggetta a quei cambiamenti che rendono il periodo finale della carriera di uno scrittore il più interessante di tutti. È stimolante chiedersi se avrebbe scritto diversamente. I confini erano tracciati: lune, montagne e castelli stavano dall’altra parte. Ma non sarebbe stata tentata di oltrepassarli, per un attimo?”

Di certo, la Woolf, ha interpretato il pensiero di molti posteri. Chi non ha immaginato una Austen più adulta?

E, soprattutto, come si sarebbe evoluta la sua scrittura?

Lei è vissuta nei tempi in cui imperversavano le guerre contro Napoleone e, a dettare i guardaroba delle dame, era Giuseppina Bonaparte, in uno stile imperiale ed elegante che non lasciava spazio a divagazioni. Così come, alla base della quotidianità, non si intravedevano altri svaghi se non le conversazioni nei salotti, le passeggiate nei giardini inglesi, le visite ai vicini di casa e i balli. I luoghi, cioè, dove la società dabbene si riuniva e non era opportuno mancare.

Alla nostra Jane Austen, che invece aveva deciso di fare proprio il mestiere di scrivere, non fu mai perdonato ad esempio il concetto di “vivere della propria penna”, un passo allora inopportuno, oggi coraggiosissimo.

Bath © Copyright Colin Smith and licensed for reuse under this Creative Commons Licence.

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Una Jane Austen oltre i limiti

Quindi è supponibile che, se i tempi avessero giocato a suo favore, lei avrebbe valicato quei confini immaginati da Virginia Woolf.

Era pur sempre una donna che non aveva accettato passivamente di sposarsi, come invece il costume dettava.

Quindi, pur non avendo nessun frammento di nessun viaggio, credo che la Austen amasse molto spostarsi e, anzi, lo facesse spesso.

Le descrizioni minuziose dei paesaggi e delle campagne sono un tratto saliente di tutti i suoi romanzi e, sì, ovviamente possono essere frutto di fantastiche visioni,  tuttavia è impensabile che una donna tanto appassionata non fosse attratta dal lungo mare del Devonshire o dalle splendide colline dell’Hampshire o dai luoghi simbolo di Bath.

Custode dell’ultimo segreto

Così come la sua vita, anche la sua morte, è circondata da misteriose congetture.

Era malata da tempo? Ha ingerito accidentalmente dell’arsenico?

Non è dato sapere, anche se c’è sempre un gran da fare intorno alla vicenda. Infatti, nonostante siano trascorsi ben duecento anni dalla sua scomparsa, lei è continuamente al centro di ricerche.

Se ci si affaccia a Southampton, non lontano da lì, nella Cattedrale di Winchester, è possibile visitare la tomba della romanziera più famosa di tutti i tempi. Portarle dei fiori.

Io non potrei immaginare altro che giacinti intorno a lei, per citare una frase che porta alla bocca della sua protagonista, Catherine Morland, né L’Abbazia di Northanger:

Ho appena imparato ad amare i giacinti”

che sembra svelare, non come un gusto ma come se fosse una sua intima, nuova, consapevolezza.

Non solo quel ricordo ha viaggiato nel tempo, ma anche tutte le parole spese sulle labbra dei suoi personaggi, e seminate ancora oggi nell’immaginario femminile.

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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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