Il Sentiero degli Dei è il cammino che Sara ricorda come luogo del cuore, i suoi occhi -mentre me ne parla- sembrano guardare oltre me, e io mi sono affidata al suo volo
Pellegrina nella terra delle Sirene
Il Sentiero degli Dei non è esattamente un percorso regolare, somiglia più a un saliscendi, un’antica mulattiera da dove -un tempo- transitava il legname destinato agli arsenali della Repubblica di Amalfi e, oggi, si presta al turismo lento, accoglie trekkers, pellegrini e amanti del cammino, in genere.
Io sono partita da Agerola, un piccolo borgo strappato alle foreste e ai pendii dei Monti Lattari che, però, nonostante la dominanza delle radure, ne hanno decretato la fortuna per molto tempo. Non solo il castagno per gli arsenali ma anche la produzione casearia -conosciuta come Lactarii Montiis, tra cui è imperdibile la mozzarella- hanno permesso al paese montano di investire e prolificare.
Ho percorso la strada tra le case rustiche, mi sono lasciata alle spalle la Necropoli e ho imboccato il Sentiero degli Dei.
Ero curiosa di addentrarmi nella mitologia greca, su quel tracciato che -si narra- venne scolpito dal passo pesante degli Dei dell’Olimpo, scesi a terra nel tentativo di evitare a Ulisse di naufragare.
Orizzonti da perdere il fiato
Il senso di infinito, in questo tratto di costa, trova una precisa definizione perché cielo e mare si toccano e si fondono, non si rintraccia il loro punto di rottura o di incontro. Quel celeste che tinge entrambi gli elementi è limpido: qua e là solo alcuni banchi di nebbiolina a creare atmosfera, qua e là il vento e il silenzio a riempirmi la faccia di emozioni.
Sotto, verso il Golfo delle Sirene ma anche oltre, verso Positano, le case dei pescatori o, se vogliamo chiamarli in dialetto napoletano, i monazèni, scendono accastellati, seguono cioè l’andatura della montagna, dei terrazzamenti, della costruzione che l’uomo ha dato alla Natura in questo miniaturizzato angolo di mondo.
La roccia, solcata dagli Dei, custodisce un carattere artistico, specialmente su alcune pareti alte che sembrano disegnate a carboncino. In effetti, alzando gli occhi si ha la sensazione che delle lunghissime stalattiti cadano fino ai nostri piedi e che delle figure fantastiche se ne stiano lì in mezzo a spiare chi passa. Ma sono solo scanalature e pertusi (buchi), causati dell’erosione delle acque piovane, a lasciarmi fantasticare un po.
Le composizioni del Sentiero degli Dei
Anche la mano dell’uomo ha dato il suo contributo per creare un paesaggio empatico, per nulla scontato. I muretti a secco, ad esempio, sono uno dei lavori più raffinati di questo luogo proprio perché la connotazione agreste della zona avrebbe potuto tranquillamente cadere su una semplificazione di recinzioni standard.
Così anche i terrazzamenti di vite autoctona, tipo la rarissima uva Pede’e Palomma (Piede di Colomba), che reggono la propria architettura unicamente sui filari, un susseguirsi ininterrotto, machiavellico, di travi di castagno e tiranti, tiranti e travi di castagno e poi tralci riccioluti. Dei quadri appesi sulle rupi che lasciano un segno indelebile nella memoria.
Il percorso si affaccia su strapiombi vertiginosi e poi si arrampica su dei pinnacoli ossuti, c’è suspance mentre i crinali salgono e scendono, e c’è un’aria briosa intorno, tra le macchie vegetative.
La flora intrappola le narici, permette di fare un viaggio nel viaggio. C’era una pianta, il lentisco, che appartiene alla famiglia dei pistacchi, che aromatizzava l’aria di flou balsamici e resinati, intervallandosi con l’inconfondibile fragranza del rosmarino, così semplice e delicato. Di tanto in tanto si aprivano delle grotte da cui, invece, proveniva quel fiato muffato, tipico delle cavità della terra, e l’atmosfera primitiva, immaginifica, ricreata dai fossili marini rinvenuti.
Una fermata d’acqua
La Fontana Vecchia di Monte Pertuso è una delle tante sorgenti di acqua fresca di cui è ricca la montagna. Lì ho fatto una breve sosta per rinfrescarmi e godermi il panorama dall’alto, la mente può davvero sconfinare verso un’evanescenza inspiegabile.
Mi sono sentita accarezzata dal sorriso del sole e dalle tempeste di salsedine che venivano a sfidare le nudità della roccia. Ho come annusato tutte le mercanzie che, un tempo, correvano su e giù tra Agerola e Positano, gli odori poveri della crusca, quelli acidi del latte, la misticità delle spezie e poi di nuovo sono stata assalita dalla dominanza assoluta del mare.
In mezzo a tanti giochi di luce e di ombre, in mezzo a questa Natura che spazia, troverete sul vostro cammino una frase evocativa:
Su questo Sentiero degli Dei, Ettore Paduano iniziò alla montagna tanti giovani soci della Sezione di Napoli, del Club Alpino Italiano”
Il cippo, pensato dal CAI, venne istallato sul Colle Serra qualche anno fa, per dare il giusto valore al grande impatto sociale che l’impresa dell’escursionista ebbe, non solo per essersi reso conto del fascino soporifero dei luoghi, averli rintracciati, collegati e averne ricostruito il passo ma anche per aver dato una prospettiva, aperto una strada per tanti altri, dopo di lui.
Dall’infinito alla Spiaggia
E il sentiero non delude affatto. Nemmeno la segnaletica del CAI, ben orientata, che permette a chiunque di percorrerlo senza sentirsi perso, e nemmeno le orchidee spontanee che, di tanto in tanto, si affacciano per diventare delle vere e proprie attrattive.
Raggiungendo I Tre Pizzi, Positano slitta sotto, e si resta a guardarla: è magnetica. Si scendono ancora dei gradoni vegetativi, poi si fanno tutto d’un fiato i 1.700 gradini che arrivano alla spiaggia e, si può incontrare un mulo -che li scende quei gradini-, o si possono incontrare persone molto gentili -tra una piazzola e l’altra- che lasciano tutto quel che stanno facendo per accompagnarti.
Quel formichiere di casette che vedevo da sopra si apre a ventaglio da sotto, cambiano le prospettive, la sabbia è un tappeto più morbido della roccia, ma l’infinito resta immutato, così il sibilo del vento e il canto melodioso delle Sirene.
Tra i grandi
Io resto, invece. Osservo la sabbia scura, vulcanica, penso che ci vorrebbe un buon bicchiere di Pede ‘e Palomma, qualcosa da stuzzicare. Guardo su, verso il Sentiero degli Dei, a quei -forse- sette o otto chilometri di tutto, nel nulla, a Goethe che, per perfezionarsi, passò di qui con il Grand Tour; a Calvino che celebrava il solco lasciato dalla mitologia greca, a Ulisse che era passato con le orecchie tappate dalla cera, legato all’albero della sua nave e, infine, a Ettore Paduano che -nell’esplorarne ogni centimetro- ha permesso che io, noi, potessimo recuperare ogni memoria, scorcio rupestre, le tracce antiche di chi lo ha attraversato.
P U O I L E G G E R E A N C H E G L I A L T R I
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.