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Il Kruger National Park e la Via Lattea

di Emanuela Gizzi
Kruger Nationa Park La stellata PhotoCredit Free-Photos

Il Kruger National Park è il luogo del cuore di Italia, che ha vissuto con la pelle, ogni emozione, facendola vivere anche a me, e io proverò a trasmetterla a voi

Quando la notte investe la Savana

Il Kruger National Park senza dubbio è stato uno di quei posti dove farsi venire il famoso mal d’Africa.

Ero una giovane viaggiatrice degli anni ottanta e, l’Africa, nel suo flusso surreale di paesaggi mi è rimasta dentro. Impossibile da dimenticare.

E, probabilmente, se me lo chiedessero, risponderei che ci tornerei anche domani, per rivedere tutto quello che ho visto, sentire quella terra che ti rimane addosso. Anche se -si dice- bisogna avere il coraggio di non tornare dove si è molto amato, il rischio è sicuramente quello di rimanere vittima delle aspettative e mancare i nuovi stati d’animo.

Il potere dell’Africa risiede nella Natura, negli animali, nella Notte. Non posso togliermi dagli occhi la volta celeste in quella grande pianura erbosa che è la Savana.

Il buio sconfinato è, per noi occidentali, una visione così rara. Invece nel Bushveld, -così i sudafricani chiamano l’altopiano dell’Africa Australe– ho assistito a una stellata mai vista prima, che non si limitava a gravitare sopra la mia testa ma girava tutta intorno, come se l’emisfero fosse sgombro verso qualsiasi direzione guardassi.

La Via Lattea

La sensazione era che, se avessi allungato una mano, avrei potuto toccare una stella dopo l’altra, tutto il firmamento, la Via Lattea!!

Ho capito solo nel Kruger National Park perché ha assunto questo nome: è spumosa e il suo candore si diffonde alieno, annebbia lo sguardo.

Era talmente trasparente la notte da sembrarmi la prima vera notte stellata della mia vita. Mi sono sentita parte di uno spazio meraviglioso, avvolta dalla loro incandescenza.

Mia e il Leone Bianco

Il Kruger è stato di recente la location di uno degli ultimi successi della Disney “Mia e il Leone bianco”, un film che ha riportato all’attenzione dell’umanità intera, la storia di questi esemplari -unici al mondo– e, purtroppo, sempre più rari.

Le scene finali e quindi la destinazione del viaggio di Mia si concludono nella Riserva Naturale di Timbavati, una specie di polmone verde, limitrofo al Parco Nazionale, che, grazie all’associazionismo virale, è stato ripopolato della fauna selvatica nativa, altrimenti destinata a scomparire.

Il Leone Bianco Pht pixabay.org

Il Leone Bianco Pht pixabay.org

Mia e suo fratello arrivano a Timbavati attraverso la lettura di un libro, I bianchi leoni di Timbavati, scritto dallo studioso Chris McBride, nel quale è chiara la condizione di questi animali, che proprio perché rari sono richiestissimi dal mercato venatorio.

E se da un lato molte specie sono state sottratte alla caccia preparata, il Leone Bianco -invece- continua ad essere allevato in cattività e destinato a un orrendo gioco barbarico.

Nel 1992, la Riserva di Timbavati, è entrata a far parte di un progetto ambizioso chiamato il Parco della Pace, ad opera dell’allora presidente Nelson Mandela.

Grazie soprattutto all’abbattimento delle recinzioni, che vietavano -alle specie migratorie- di oltrepassare i confini, Il Sud Africa, lo Zimbabwe e il Mozambico sono diventati firmatari e beneficiari di un parco faunistico unificato.

I Sacri del Kruger National Park

Gli animali di certo, al di là della loro sorte, godono di una libertà estrema.

Oltre ai Cinque Grandi Africani, come vengono definiti la Zebra, l’Antilope, il Leopardo, il Leone e l’Ippopotamo, anche tutte le altre specie, si distribuiscono ovunque, nelle distese pazzesche che la Savana offre loro.

Mi sembrava di essere in un film documentario insieme ai bufali e agli gnu, alle gazzelle e ai pellicani. C’erano agglomerati di gru e poi di elefanti, c’erano gli ibis e i falchi, le scimmie, un concentrato di animali mai visto prima da nessun’altra parte del mondo.

Mi si aprirono davanti agli occhi scenari onirici: in pochissimo tempo mi trovai circondata da enormi branchi di elefanti e poi spettinata dal galoppo dei rinoceronti.

Nel primo caso il passeggio ondulatorio, di queste creature generose, mi fece sentire parte di una mistificazione, ne rimasi infatuata; nel secondo caso il cuore mi salì in gola. Ero in una jeep che poteva assumere il peso di una piuma se paragonata al vigore, alla supremazia e alla ponderosità dei rinoceronti, quindi sentii lo spazio intorno a me imprescindibile e io farmi piccolina.

Kruger Nationa Park Ghepardo in corsa PhotoCredit DrZoltan

Kruger Nationa Park Ghepardo in corsa PhotoCredit DrZoltan

L’incontro col vento nel Kruger National Park

Devo dire che durante il mio soggiorno ho mancato il Leopardo, uno degli animali più solitari che esistano, ma ho potuto assistere alla corsa del Ghepardo che lascia piuttosto sgomenti. La sua velocità è pari a un concetto davvero astratto, si può paragonarlo al vento, forse, per definirne la superiorità di passo.

E non potevano mancare i gruppi di Leoni che, presi dalle fusa domestiche, somigliavano in tutto e per tutto ai gatti: il loro modo di accoccolarsi, annusarsi e leccarsi -a vicenda- rimandava ai piccoli pelosi. Inutile dirvi che il cuore si è aperto di fronte a queste scene di vita selvatica.

Ci alzavamo presto, la sveglia era puntata alle quattro del mattino e bisognava essere già pimpanti. Questo perché gli animali non amano gironzolare in pieno giorno.

Ma ne è sempre valsa la pena: dall’alba al tramonto sono rimasta sorpresa mille volte e mi sono emozionata altrettante volte.

Attenzione agli avvisi

La mia esperienza mi dice di suggerirvi un paio di cose: ci sono moltissimi warning su cosa evitare durante le escursioni ed è bene seguirli alla lettera. Ad esempio, anche se può sembrarci una follia, è bene fare attenzione ai babbuini, sono molto aggressivi -soprattutto se fiutano del cibo in borsa- e possono lasciare morsi incredibili.

Non mi è successo, per fortuna, di incontrare serpenti velenosi, tipo il Green Mamba, un serpentello il cui morso è letale, ma per prudenza giravo con gli scarponi ed ho evitato di imitare gli indigeni del posto che andavano ovunque scalzi. Loro sono nati lì, sanno come muoversi.

Durante il mio soggiorno al Kruger National Park dormivo nei lodges, delle strutture come capanne, ma eleganti. La maggior parte di questi posti sono recintati per non consentire l’accesso agli animali, che -tuttavia- spessissimo riescono a scavalcarli.

Così, a sorpresa, mi ritrovai, più di una volta, a fare colazione in compagnia di una gazzella ma anche a essere rincorsa da un facocero.

Chi è Garingani?

Shangaan traditions Author Shantian commons.wikimedia.orgIl cibo era squisito e assolutamente nella tradizione Shangaan, la tribù locale. La loro cultura animava con musiche e danze le nostre giornate e anche serate.

Nella tradizione Shangaan il narratore è la nonna che è il custode della memoria e all’inizio di ogni storytelling lo precisa con un energico senso dell’appartenenza

Io sono Narratore, figlia del Narratore”

Dopodiché, tutti applaudono questo ruolo e, il circolo che le si forma intorno, canta il nome “Garingani” (Narratore) -a ogni strofa- per accompagnare il racconto.

 

Mi porto dentro cinque giorni di safari fotografico, intensi. Ma anche molti altri pensieri, dettagli, magie.

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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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