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La Danza emozionale di Federico Vitrano

di Emanuela Gizzi
La danza secondo Federico Vitrano Pht Emanuela Gizzi Mapping Lucia (3)

La danza emozionale di Federico Vitrano è la prima parte di una lunga intervista che vuole raccontare gli allievi, l’essenza della danza, le emozioni

Breve introduzione

La Danza emozionale di Federico Vitrano è come un risveglio. Ogni anno si rinnova, diventa più forte, sia nella preparazione degli allievi che nella scenografia e nei costumi.

Si ha sempre l’impressione che la Danza, lui, la viva come un fattore personale, un elemento del suo corpo che prende vita.

Quindi nella lunghissima intervista che gli ho fatto ho voluto indagare sulla danza, sia come emozione di cui parlo in questa prima parte, sia come sacrificio, di cui invece vi parlerò nella seconda parte.

Siamo ai tempi del Covid 19, siamo rintanati e, quindi, gli faccio avere le domande dopo che mi sono immersa nella lettura del suo libro “Venti anni insieme”.

La tecnica, sì, ma soprattutto il cuore

Ne emerge una persona speciale, umana, un coraggioso e, come riferiscono le sue allieve e le mamme, soprattutto un generoso.

Lui stesso mi dice:

La generosità, come la solidarietà, devono essere trasmessi alle nuove generazioni. E io so farlo attraverso la Danza.

E non perché sono un insegnante ma perché sono anche un educatore.

Siamo stati in grado di fare raccolte fondi per l’Ail, con cui collaboro da diverso tempo, che ci hanno cambiato ogni volta. Quando consegno gli incassi, e so che abbiamo contribuito a fare del bene, mi sento leggero e felice”

La Danza emozionale di Federico Vitrano fa innamorare. E nulla è lasciato al caso. Questo perché, come ci tiene a precisare il Maestro, la preparazione parte due anni prima, i saggi saltano un anno perché “un solo anno non è sufficiente per mettere in piedi uno spettacolo”.

E lui ne cura tutti gli aspetti, perché “è un pignolo”: quindi i costumi, le scene, le musiche, le scenografie, i colori, le luci, tutto, deve essere fatto con metodo, rasentare la perfezione. Anche se questo lo ha portato a sbagliare in passato, e anche se gli genera ansia, che -a sua volta- gli genera nervosismo.

Il carattere di Federico Vitrano

Soltanto una mamma, nel libro che racconta i 20 anni di attività a Formello, dice di lui “È vulnerabile, ansioso, pignolo e incapace di contare fino a trenta”.

Ma lui, ci si riconosce, anzi, considerando il fatto che nel corso della sua vita ha smussato tantissimo del suo carattere, dice “se mi vedono così oggi, pensa come ero prima”.

Ma nel notare che le mamme delle sue allieve approvano i metodi e anche “gli urletti”, sente che, essendo il risultato quello che conta, può respirare e piacersi.

Personalmente, Federico, sono stata totalmente coinvolta dalla storia di Sabrina, una mamma che, casualmente, ha assistito al tuo spettacolo e, nel libro, scrive:“Al ritorno verso casa pensai che se un domani fossi riuscita ad avere una bambina gli avrei fatto fare danza con quel Federico Vitrano”

Eh, sì. Una donna che stava provando ad avere figli già da sei anni e non ci riuscivano. Venne a vedere la figlia di amici, quel giorno, al Teatro Olimpico e si commosse così tanto che si mise a piangere ed ebbe questo pensiero, parlandone con il marito.

E poi un giorno mi ha cercato. Erano trascorsi tre anni.

Io non ero già più nello spazio a Le Rughe, sotto alla Chiesa, ma mi trovò lo stesso e, quando mi raccontò la sua storia io, ovviamente, mi emozionai tantissimo.

Sua figlia era nata e era lì, una bimbetta meravigliosa che mi sono legata al cuore.

Nel suo primo spettacolo interpretò un fiocco di neve in Frozen, vi lascio immaginare la tenerezza. Io e i genitori ci siamo guardati senza dirci nulla, la commozione per ciò che ci legava, traspariva dai lacrimoni.

È questo aspetto che mi fa vivere per i miei spettacoli, perché mi hanno sempre restituito tanta gioia, tanti affetti”

La danza secondo Federico Vitrano Pht Emanuela Gizzi Mapping Lucia (2)

La danza emozionale di Federico Vitrano è nei passi di queste piccole creature che poi diventano adulte. Nel libro si scoprono, così, immagini che raffigurano i tanti bachi divenuti farfalle. Bambine che trovano in questa disciplina, in questo fuoco, una seconda famiglia.

E lo stesso vale per te, immagino, quando scrivi: “Nei miei occhi, oggi come allora, c’è il riflesso dei loro occhi”.
Ma cosa ne è della competizione?

Le allieve diventano figlie. Ci viviamo ogni giorno. Spessissimo entro nelle loro sfere personali, i fidanzati, la scuola, le mamme, divento un tramite per dialogare con i genitori quando magari hanno un problema. E, può darsi che tra loro ci sia competizione ma sono cresciute insieme, quindi anche questo aspetto, che curo cercando di dare a ognuna il ruolo che vorrebbe ma anche il più adatto ai suoi limiti, è sano e funzionale alla danza.

Vedi, la coesione che si respira deriva da un lavoro che va ricercato nei limiti che ognuna ha.

E loro devono sapere i propri. I limiti si superano, anche, ma si devono prima conoscere”

La danza presume studio, che ci sia una preparazione intensa dietro, continuativa, e che gli esercizi siano la base per superare anche i limiti, come dice il Maestro Vitrano.

Succede spesso, però, che molte allieve non credano in questo sogno e abbandonino.

Alla fine del libro c’è una frase che sembra un inizio più che una chiusura, scrivi “Il viaggio intrapreso per raggiungere un sogno”

È una frase di Bruno Franco, un mio grandissimo amico. Ti racconto un aneddoto. Io ho trascinato lui in questo mondo ma lui, un giorno che dovevo mettere in scena il Fantasma dell’Opera, per aiutarmi a dargli respiro mi ha portato a Londra a vedere il musical.

Inutile dire che mi ha dato spunti impensati.

E questo risponde, in parte, all’idea di sogno. Se non c’è un sogno dietro è tutto più difficile.

Innanzitutto, purtroppo, questi ragazzi non sognano più. Hanno tutto a portata di mano e se, pure, le bimbe da piccole mi dicono che vogliono fare le ballerine, da grandi fanno tutt’altro.

Che non è assolutamente un problema perché come dico sempre: la danza non serve per diventare ballerini ma per trovare la gioia del movimento, scavare nel profondo di noi stessi.

La qualità invece si conquista nel tempo, non serve un giorno, una settimana, un anno. Serve dedizione e, quella, non appartiene a tutti”

(FINE PRIMA PARTE)


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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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