Io e il cielo

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Una tinta di rame scende sulle case
mentre uno spruzzo d’inchiostro mi imbratta il petto.

Il tramonto è bellissimo ma
il rumore del silenzio sale indemoniato,
si conficca lì, tra le scapole e il cuore,
e il dolore si rapprende come se a scivolare fosse un sasso.

Non vedo nemmeno il cielo, adesso.
È fisso sopra di me,
forse mi guarda, si chiede chi io sia.
Io che di solito sollevo il mento e mi entusiasmo,
ho occhi di terra
che chiedono pietà.
Le pareti si poggiano su di me
e il peso si moltiplica.

Il sasso è un sasso che non scivola via
come invece le nuvole.

Questo maledetto attacco di panico.
questo pensiero che non molla la presa.
È una lama di luce che taglia la carne.

Chi sono io?
Ha ragione il cielo,
così piccola in confronto alla sua massa infinita
non posso che essere nessuno,
un sassolino con un sasso gigante conficcato nella schiena.

Riderà di me il cielo.
Lui che affronta tempeste, tuoni e saette,
che sopporta noi, con tutte le nostre storie e drammi.

E allora prendo il suo coraggio
mi metto un po’ del suo azzurro sulla carne,
gli gratto via un po’ di quella sua beatitudine da santo.

Tra le mani mi crescono le rose,
negli occhi il riflesso bianco delle nuvole,
potrei volare se non fosse che
mi guardo i piedi,
le mani,
sono io
mica lui.

Sorrido, e lui mi abbraccia allora
ha compassione di me
e in un attimo il sasso scompare.

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