Affondo lo sguardo nell’acqua esangue, mi circola -nelle pupille- l’artico,
sul viso i morsi della neve.
Grumi di nuvole accatastate mi raccontano il virtuosismo del cielo:
I’aplomb di una stagione senza raggi
e quel filo di paillettes che bagna d’argento l’aria.
Scende questa pioggia, come una ragnatela spettrale,
che pizzica la superficie dell’acqua
e consegna il confine tra terra e cielo a un buio illune
Nella memoria dei laghi vive la vita, soprattutto d’inverno.
Deposito sull’erba le mie braccia poi distendo il fiume di pensieri,
gli lascio sfiorare l’aria vuota, ammollarsi nel profumo che sale da terra,
rinnovarsi.
Come braci di sigarette che brillano la notte,
o papaveri che gocciano i prati di rosso,
o raspi di ciliegie che dondolano i sensi
La luce, sistema le nuvole, in alto, frizza tra gli alberi e cade in-asimmettrici- listelli di pulviscolo.
Un blu Ozpetek che irrompe negli occhi
che si fanno d’acqua
che sorridono persi
che dipingono la fantasia.
Nella memoria del cielo ogni primavera è un battesimo regalato.
Sciolgo le dita nella sabbia e mi circola, dentro i capillari, il sale,
so di mare e spuma di vento
I ricci -sulla riva- e le conchiglie -scucite alla maree-,
fioriscono, su uno spicchio di luna,
come sorelle.
Si alzano i gabbiani e musicano questo viaggio in cui perdo volentieri
le orme sbagliate.
Il sole è azzimato di pitture rubizze, trasporta con sé il giorno
e lo inzuppa nel liquido lucido, caro a tutti i poeti.
Nella memoria del mare, l’estate ha il volto gentile della salsedine.
Raccolgo i piedi su un tappeto di foglie, mi completano -come le stelle la notte-
gli lascio immaginare la strada, pensarsi leggeri e indispensabili,
quasi frivoli
Come acini d’uva che ribollono il vino
o ritornelli che passeggiano il tempo
o rami che rafforzano radici
Gli occhi, sfibrati dai primi soffi di ponente, luccicano e si addormentano
dondolati da un’amaca.
Un effluvio di mosto e cioccolato penetra quel nido di pace
che si fa d’atmosfera
che scoppietta, complice il fuoco
che raccoglie il calore di un bacio.
Nella memoria della strada, l’autunno è un traguardo ma anche una ripartenza.
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Siamo dei quadretti in un regno minerale. La bellezza è una verità incompresa, a volte trascurata.
Ma se di queste stagioni avessi raccontato le deformità, un lago prosciugato -ad esempio- o un cielo molestato dai fumi tossici? Se avessi preso la bella riva del mare e trasformato le conchiglie in bottiglie di plastica o se, in preda a un capriccio, avessi soffiato via le foglie d’autunno e ricoperto la strada d’immondizia?
Ecco,
cosa avreste visto?
Che fotografie avreste guardato?
Vi sareste mai fermati ad ammirare un paesaggio traviato?
Non credo. Gli occhi vogliono la bellezza. E allora perché non ce la teniamo stretta?
Se avessi descritto dei panorami apocalittici avreste un quadro sfigurato ora, ma ho usato parole diverse.
Le parole vanno trattate come fossero luce
Non sono sassi bitorzoluti
E il principio della bellezza si annida nelle parole,
lasciamo che scorrano, allora
cerchiamole, amiamole, confortiamoci con questo grande privilegio di poterle pronunciare.
Be-ll-e-zz-a!
Bellezza… Quanto garbo.
Guarda il video:
Qui trovi l’intervista su Radiò in cui “I postumi della Bellezza” apre e chiude il sipario.
Invece qui trovi un articolo che si ispira alla Bellezza LA FOTOGRAFIA DI VIAGGIO: I PAESAGGI
e qui il PROMO DEL LIBRO “DAL VENTO AL VENTO” in cui la bellezza è insita nell’origine di alcune poesie.