In tre paesaggi delle Isole Lofoten ho trovato colori straordinari, talmente perfetti da innescare una magia che non ho più dimenticato
Dei tre paesaggi delle Isole Lofoten non saprei dire quale ho preferito, so però che ne ho trovati molti così durante il mio viaggio. La Norvegia è ovunque aliena e terrena, sgargiante e grigia, montuosa e marina.
Gli opposti si attraggono in Norvegia, io ne ho ritagliati alcuni che mi hanno ispirata e colpita.
Il primo dei tre paesaggi delle Isole Lofoten
Ritagli di un pomeriggio freddo, nonostante fosse estate. Eravamo su una spiaggia velata di bianco, immobile. La sabbia liquida sotto i passi. Alcuni uccelli neri dal becco rosso hanno infranto la solidità del paesaggio, lo hanno spaccato, e la composizione silente si è come frantumata.
Il mare è diventato il protagonista. Un mare spettacolarizzato dal cielo, dal suo colore cristallino. Un mare penetrato dal cielo, dalla fluidità delle nuvole,; un mare che non sapevi distinguerne le acque, che se camminavi sulla sabbia bianca anche quella sembrava mare. Non si capiva dove le acque formavano l’orizzonte e da lì iniziava il cielo. Era una congiunzione perfetta di macrocosmi.
Dentro quella liquidità trasparente
E io non potevo che prenderne atto, lasciare che tutto quanto mi stupisse, mi sradicasse dalla sabbia e mi trascinasse con sé, per fare parte di quelle incredibili forze avverse.
Ero nel vento sotto forma di granello di sabbia.
I colori non erano dominanti ma si lasciavano vedere, le linee non erano nette ma si lasciavano temere, gli odori, i sapori non c’erano ma si lasciavano intuire.
Il secondo dei tre paesaggi della Isole Lofoten
Il secondo dei tre paesaggi delle Isole Lofoten è quello di Henningsvaer.
Vær, in dialetto norvegese, vuol dire villaggio di pescatori.
Un giorno arrivammo ad Hennings, dunque, facendo Island Hopping, cioè saltando da un’isola all’altra.
E rimasi letteralmente suggestionata dal suo potere. Era come essere approdati sul nulla. Cos’era? Una roccia gigante, una zolla con delle abitazioni, una strana isola?
La strada sembrava perdersi su delle rupi senza tempo. Poi camminando tra alcuni stabilimenti ittici e il labirinto di case, ho cominciato a sentirla affiorare poco a poco. Le case di legno, quelle che un tempo chiamavano Rorbuer, cioè le case in cui i pescatori trovavano ristoro durante la pesca grossa, erano come palafitte che ti portavano in un’altra epoca.
Nella geometria di un villaggio
Le loro tinte accese, messe ancora più in evidenza da una luce ferrosa, quasi maligna, erano un bel colpo d’occhio. Ne venivano fuori dei disegni geometrici, e tra una casa e l’altra ho iniziato a scorgere le case dall’altra parte di quello che sembrava un fiume o un canale.
Quando è stato possibile mettere i piedi su un affaccio più grande ho capito che la bellezza si nasconde sempre dietro alla semplicità. Ogni superficie ha acquistato la sua forma: le linee delle case, dei balconcini, ogni cosa mi è apparsa ben definita, nitida, geometrica. E tutto appariva doppio perché si specchiava sull’acqua. Peccato il cielo cupo, quello che in fotografia si dice bruciato.
Cosa nascondeva Henningsvaer
Non ero più un granello nel vento ma il porto dove un tempo le navi arrivavano cariche di pesce.
Oggi le fabbriche ittiche non sono più il motore di questo luogo. Ma si avverte comunque un certo fermento. E si capisce di cosa si tratti solo entrando nei negozietti, che poi si scoprono essere botteghe di artigiani.
Oltre agli oggetti bellissimi, gli artisti danno prova delle loro abilità, quindi ho potuto assistere alla lavorazione di alcune ceramiche, del vetro, dell’argilla.
Anche dalle finestre delle botteghe lo sguardo sul canale ti portava a immaginare un mondo antico.
Il Terzo dei tre paesaggi delle Isole Lofoten
Il Terzo dei tre paesaggi delle Isole Lofoten che mi ha conquistata sono le Lofoten stesse. I tramonti rosa, l’argento che tagliava il mare, e i quattro elementi che qui davano sfogo alla loro energia.
Abbiamo navigato dentro una nella nebbiolina umida, opaca, tra acque crude che non riflettevano nulla. Sembrava di galleggiare sull’olio.
Le isole mi apparvero davanti, immobili, quasi senza una loro identità. E il sole quella mattina aveva un contorno pallido intorno alla circonferenza, come se avesse le borse sotto gli occhi. Lo si vedeva e non lo si vedeva.
Non riesco a ricordarmi dove abbiamo alloggiato. Erano dei Rorbuer davvero caratteristici. Non erano colorati come quelli di Henningsvaer e sembravano piuttosto anonimi. Fino a quando non sono entrata e non mi sono affacciata sulla baia, che dalla strada non era visibile.
Tra i tre paesaggi delle Isole Lofoten quest’ultimo mi ha sorpresa
L’acqua, nella laguna, non c’era quando siamo arrivati; c’era al suo posto una vegetazione paglierina e rossa. Non saprei dire se erano alghe sfrangiate o filamenti di qualche natura però formavano un tappeto vangoghiàno su cui, di tanto in tanto, si andavano a posare dei gabbiani.
La sorpresa arrivò la mattina. Quando abbiamo aperto le finestre fuori c’era un altro paesaggio. Come se ci avessero spostato di notte, mentre dormivamo, solo per farci uno scherzo.
Galleggiavamo su una laguna d’acqua dentro cui si specchiava una nebbiolina a strisce. Il colore cosmico del cielo si rifrangeva creando strane venature violacee, gli azzurri polverosi addomesticavano le cromature più forti e i boschi si prendevano il contorno avanzando con dei neri compatti.
Avrei potuto essere risucchiata da quella strana atmosfera senza battere ciglio, tanto ero vittima di quell’essere superiore che faceva e disfaceva a suo piacere. Una droga la Natura, se si impossessa di te ti ipnotizza.
Ci sono momenti che non puoi dimenticare nemmeno se ti impegni e questi tre paesaggi delle Isole Lofoten ne sono un esempio. Peccato le fotografie non siano all’altezza dei miei ricordi.
Altri miei racconti sui luoghi che mi hanno incantata:
I TRE LUCERNARI ETRUSCHI NEL PARCO DI VEIO
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.