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Cabo da Roca, più a Ovest d’Europa

di Emanuela Gizzi
Cabo da Roca PhotoCredit Emanuela Gizzi Mapping Lucia

Un posto che mi ha molto soggiogata si chiama Cabo da Roca, una punta di roccia nell’Oceano, il punto più a ovest d’Europa, uno dei posti più sospesi del Portogallo

E alla fine non è finita

Quando sono arrivata a Cabo da Roca ero reduce da un viaggio tra costa e entroterra portoghesi. Un itinerario senza fiato.  L’incredibile forza e il romanticismo di Oporto, il candore religioso di Fatima, la struggente vegetazione del Parco Naturale di Montesinho, avevano già toccato i punti scoperti del mio spirito.

Ero arrivata alla fine dell’avventura, mi avvicinavo a Lisbona e avevo il cuore in sofferenza pensando che, da li a quattro giorni, avrei dovuto riprendere la strada per la Spagna e poi scendere fino a Roma.
Non mi dispiace mai tornare a casa. Ma questa volta il Portogallo aveva lasciato una traccia pari alla sua conformazione geografica: il profilo allungato, i fiumi di pace, le barche ondeggianti, i paesaggi di sughero, l’odore del sale.

Bivi astratti

E eccomi che improvvisamente devio. Cabo da Roca non era sulla mia tabella di marcia. Volevo dedicare tempo a Lisbona.
Chiunque avessi incontrato, prima di partire, mi aveva parlato di questa città definendola “tante cose insieme” e “tanto bella da togliere il fiato”.
Però quel cartello marrone, quel sentiero verso il mare, portavano a Cabo da Roca.
“Cabo da Roca…. Cabo da Roca…”

Qualcosa, mentre navigavo tra la strada e la cartina, mi scosse, mi venne alle labbra. Lo pronunciai a voce alta per ricordare dove lo avevo letto, se lo avevo letto, o era solo fantasia.
Misi la freccia, richiamata da non so quale demone, o angelo. Iniziai così a percorrere una strada che più si addentrava, più sembrava allontanarsi dalla costa. Sembrava un elastico.
E io, che mi ero lasciata conquistare da un nome su un’indicazione stradale, mi sarei morsa le mani -in quel momento-. Non arrivavo mai. E, se davanti, si aprivano valli e colline, dietro, si allungavano i chilometri tra me e Lisbona.

Scogliera a ovest d'europa PhotoCredit Emanuela Gizzi Mapping Lucia

Cabo da roca e il nulla

A un certo punto smisi di stare in ansia. E guardai quel tratto di Natura, limpido, così diverso da tutto quello che avevo attraversato fino a quel momento. Una terra riposante, una luce piena, una stradina che, a guardarla, somigliava a un lungo serpente bianco, desiderosa di correre verso l’Oceano.
Quando meno me l’aspettavo mi si spalancò davanti quell’Oceano. Scesi di corsa dall’auto.

Un demone e un angelo, insieme, mi sbatterono contro il petto, il viso mi si freddò e sentii entrambi attraversarmi il corpo.
Non indietreggiai anche se il vento era tenace. Rimasi per dieci minuti sotto una Grande Croce a guardare lo scintillare dell’Oceano che si espandeva vasto. Non trovavo la linea di separazione tra l’acqua e il cielo, nemmeno impegnandomi molto, vedevo solo un luccichio di diamanti sparsi in superficie.

Cabo da Roca un pezzo di cuore

Le rocce, sotto di me, scendevano a strapiombo, osservai per un attimo la distanza tra i miei piedi e la spuma delle onde che si rifrangevano. Mi ritrassi col fiato corto.
C’era un Faro sulla destra e un ristoro sulla sinistra. Null’altro. Di certo avevo visitato posti più belli, con storie di certo più intense. Ma con i piedi infuocati da quel caldo che saliva dalla terra, in quel momento ebbi la sensazione di essere invincibile.

Il posto più a Ovest d’Europa. Ero di certo più a ovest di chiunque conoscessi e, questa constatazione, mi stupì, anche se era ridicola.
Conservo il Certificato che rilasciano a chi arriva a Cabo da Roca, una piccola dicitura recita questa frase:

Emanuela Gizzi è stata nel punto più occidentale del Continente Europeo, dove la terra inizia e il mare finisce, e dove palpita lo Spirito della Fede e dell’Avventura che fece levare le Caravelle del Portogallo in cerca di nuovi mondi, per il mondo.

Cabo da Roca verso l'Oceano Atlantico PhotoCredit Emanuela Gizzi Mapping Lucia

Libertà di immaginare una casa nel vento

Il Faro, inconsciamente, era stato il simbolo che doveva avermi attratta sul cartello stradale, mentre raggiungevo Lisbona. Eppure, stando sotto l’imponente costruzione, il suo influsso vanificò.
La vera attrazione di quel posto era l’empatia che il soffio borioso del vento e la salsedine creavano con il mondo. Lì l’ho immaginato tondo per la prima volta nella mia vita.

E non trovo ancora eguali al pathos respirato di fronte all’Oceano. Forse Capo Nord, che è su un’altura indefinibile e è il posto più a Nord d’Europa, con un suo altrettanto proclamato certificato di passaggio.
Ma Cabo da Roca ti si infrange addosso. Capo Nord ti resta sotto i piedi.

Pensierino su Cabo da Roca

Ho avuto la sensazione di aver viaggiato fino a quel momento solo per arrivare lì, come se quel costone fosse la chiusura e la riapertura, un varco virtuale.
Non c’è mai un perché ci sentiamo a casa in un posto piuttosto che in un altro. Quella casa nel vento mi si presentò a sorpresa davanti agli occhi e fui entusiasta di aver percorso quell’elastico. Anche di aver sottratto del tempo a Lisbona. Probabilmente sentirmi libera di mettere quella freccia, e svoltare, è stato di per sé il senso stesso del viaggio.


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Sospesa sul Ponte di Oporto. Portogallo


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Emanuela Gizzi Fotografa ideatrice di Mapping Lucia

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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