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Mostra su Dino Gizzi a Formello: Il vento in tasca

Fotografie che raccontano la carriera ciclistica di papà dal 1977 al 2019, una storia di sport, passione e professionalità

di Emanuela Gizzi
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Il ciclismo per Dino Gizzi

La mostra su Dino Gizzi è il secondo evento quest’anno che porta il nome di mio padre.
Il primo -il Memorial che si è svolto davanti al circuito della MTB Formello-, a gennaio, è stato un momento di grande conforto, soprattutto per riordinare ciò che ci è rimasto di lui.
E, vedere tanti ciclisti in gara competere, ci ha riportate indietro nel tempo, a quando papà gareggiava e tagliava i traguardi tutto sudato ma felice.
Il ciclismo è stato un valore aggiunto nella sua vita. Non un hobby, non uno sport ma un lavoro, una missione. Lo sfogo alla vita e alle paure, il trampolino delle sue idee.
E questi omaggi che gli stiamo facendo, io, mia sorella e mia madre, sono solo un modo per rendere giustizia a uno sportivo nato. Un ciclista degno di indossare qualsiasi maglia perché le onorerebbe tutte.
La maglia Ferioli,  però, è stata il suo punto di partenza ma anche il suo punto di arrivo, è la maglia storica, quella per cui ha speso gli ideali, la passione e le energie più grandi.

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I podi di papà, Formello e la squadra ciclistica Ferioli

Dino Gizzi e Formello sono due nomi profondamente legati e anche Dino Gizzi e la Ferioli Combustibili sono due nomi legati. Tra la fine degli anni 70, quando avevo sei anni, e per tutti gli anni 80 questi tre nomi sono stati sempre sul podio perché papà vinceva tanto e, pure quando non si piazzava al primo posto, occupava di sicuro il secondo o il terzo.
E questo è successo anche dopo, quando le categorie sono diventate Supergentleman e Senior, cioè quando, nonostante l’età, papà riusciva a piazzarsi quasi sempre bene.
Una volta vinse perfino davanti a una volata di giovani in erba.

La mostra su Dino Gizzi punta ai valori ciclistici

Il suo intuito, la devozione alla bicicletta e il coraggio di fronte alla strada sono stati tre elementi imprescindibili della sua carriera agonistica. E non ha mai messo da parte l’etica, anzi, forse è stata la base di ogni scelta e traguardo raggiunti. Perché il ciclismo vero, per come lo vedeva lui, era proprio la fatica. Gli “aiutini” non gli sono mai piaciuti, Dino Gizzi contava solo sulle sue gambe e sul suo fegato.
Mi diceva sempre: “se mi vedete bere in corsa non va bene, quando bevi il fegato non lavora come dovrebbe e allora è difficile arrivare”.
Consce di questa affermazione, quando correvamo a lanciargli la borraccia, speravamo di vederlo passare con il dito rivolto verso l’alto. Quando lo faceva e rifiutava la borraccia, in cuor nostro, esultavamo perché sapevamo che avrebbe avuto il vento in tasca e si sarebbe andato a prendere il podio. Nove volte su dieci accadeva proprio così. Era il fegato il suo bilancino.

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La prima maglia di Formello

Cosa trovi alla mostra su Dino Gizzi

Questa mostra su Dino Gizzi è un modo per riunire gli amici, spendere due parole su di lui -che al nostro cuore fa sempre bene- e anche per raccogliere insieme i valori sportivi che ha cercato di trasmettere sempre alle nuove leve.
In mostra ci sono le fotografie, ci sono i racconti di alcuni suoi amici che hanno voluto regalarci altre immagini dell’uomo-ciclista; ci sono i ritagli di giornale che metteva meticolosamente da parte; ci sono alcuni cimeli, coppe, trofei, medaglie, targhe, e per finire le sue biciclette.
La bicicletta è stata una componente essenziale di papà, un’estensione del corpo, e a casa si masticava “il biciclettese”, tra cene con gli amici e gare, il nostro era una specie di piccolo mondo che ruotava intorno alle corse.

Giù dai pedali

Negli ultimi mesi ha potuto pedalare solo con le mani, giocavamo con lui per non fargli sentire il peso di questa grande perdita. Perché, appesi gli scarpini -ineluttabilmente-, il suo modo di essere e di vivere è finito, come una morte improvvisa.
Credo sia stata la cosa più dolorosa della sua vita: staccarsi da quei pedali, pensare “non ci posso salire più”.
Un colpo al cuore.
Molti lo hanno visto correre sui rulli, nel garage che è stata la sua bottega, e molti oggi mi dicono “quanto era carino e che tenacia”.
Già. Mio padre sulle due ruote tirava fuori il meglio di sé e non ha mai smesso davvero di correre. Anche se la testa, a un certo punto, è andata per conto suo.

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Villa Verri – Amandola

Un ciclista è per sempre

Non aveva chiaro tutto, ma si ricordava che in garage faceva qualcosa di importante, e allora il suo istinto era sempre quello di imboccare la porta e andare a scoprire cos’era.
Durante la Pandemia e quindi il coprifuoco era l’unico a Formello che se ne andava in giro a passeggiare. Cercavamo di dissuaderlo invece metteva la mascherina sulla bocca -anche male perché lasciava sempre il naso lungo scoperto- e diceva che sarebbe stato attento.
Nella mostra su Dino Gizzi il suo travaglio non c’è, ci sono i momenti belli, tutta quella parte intensa e inarrestabile della sua vita che ci ha travolte sempre, soprattutto quando cadeva e bisognava farsi il segno della croce nella speranza non si fosse rotto tutto.
Erano i tempi belli, quando c’erano anche i miei nonni e tutti si tifava papà il ciclista, i sabati e le domeniche non esistevano e non c’erano paesi o città che non lo conoscessero di fama.

Dall’album alla mostra su Dino Gizzi

Le foto, come spesso avviene, fermano attimi che ci rendono eterni. E sono una risorsa incredibile quando poi devi testimoniare le avventure di qualcuno.
Per questo abbiamo deciso di aprire l’album e “travasare” la sua carriera tra le pareti di Sala Orsini, un atto di tenerezza e affetto che, siamo certe, lui vedrà.
Concludo con una frase del sacerdote letterato, Cesare Angelini, che mi pare faccia al caso “nostro”. Scrisse, in una lettera:

La bicicletta è l’immagine visibile del vento”

e papà quel vento ce l’aveva in tasca, anche quando stava fermo.

Ringraziamenti:

Si ringrazia il Comune di Formello per la gentile concessione della Sala Orsini; grazie agli amici che interverranno durante la presentazione e agli amici che hanno scritto dei pensieri su papà, per papà.

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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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2 commenti

Chiarelli Raniero 21 Maggio 2023 - 08:05

Tutto vero tutto bellissimo, per un’uomo che ha l’ascitato una traccia indelebile nella mia vita .

Rispondi
Emanuela Gizzi 5 Luglio 2023 - 19:46

grazie Raniero,
tu per lui sei stato un figlio
ti abbraccio

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