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Personaggi e attori Compagnia Lo Spannitore

di Emanuela Gizzi

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Bruno Santi, un milanese doc!

Bruno Santi si è trovato per caso su un palco, o almeno questo è quello che crede lui. In realtà, però, sappiamo tutti che quando Sonia Martelloni, regista e bufera dei nostri cuori, si aggira intorno a qualcuno, qualcosa gliela deve chiedere.

“Ma no, è stata una circostanza fortuita” dice Brunetto “Fabrizio Belloni aveva dovuto lasciare la parte, così, dopo anni che Sonia mi inseguiva -perché io entrassi nella Compagnia Lo Spannitore-, quella è stata la volta buona per accontentarla. Come potevo dirle di no?”

Brunetto ci mette il cuore e se la vive

Brunetto è un’anima estroversa, un amicone, nel suo Bar San Lorenzo ti accoglie con il sorriso, si fa una cantata e una suonata e si circonda di macchine fotografiche vecchie, telefoni antichi, insomma pezzi vintage che fanno la differenza in un posto.
Sai già che lì ci vive uno con diverse passioni, e quindi non ci vai solo a prendere un caffè.
A teatro porta quella sua pacatezza, le espressioni vivaci, i sorrisi, le braccia che declamano al vento il moto delle sue emozioni.
Perché le emozioni servono a quello, a darci la sicurezza che ci siamo!

Io non ho paura di salire sul palco. Almeno non più. Devo dire la verità sono un po’ facilitato nella comunicazione per il lavoro che faccio. Certo che, quando salgo lì e il sipario si apre, e sento gli occhi di tutti che mi fissano, qualcosa si muove dentro, ma non è panico, è un sentimento che mi dice: sei vivo… vivitela!
Quest’anno non volevo partecipare, è mancata mia madre, così avevo pensato: dico a Sonia che non me la sento. Vado da lei, prendo il coraggio, ma me la trovo davanti con un sorriso!!! -Ahhh Brunetto, che bello, sono due sere che sto scrivendo una parte solo per te!-.

Io mi dico, e mo’ come glielo dico? Quando sono tornato a casa Cinzia mi ha chiesto “allora, gliel’hai detto?

Sì ….. Le ho risposto -Sì, Sonia, ci sono”.

 

Copione e fatica

Ecco, tanto per dirvi lo spirito, la devozione, ciò che il teatro fa alle persone e ciò che Sonia Martelloni fa alle persone. Improvvisamente, ti ritrovi il copione tra le mani senza sapere come ci sia finito.
E da lì in poi le giornate si allungano, diventano un “calvario” perché dopo il lavoro è difficile carburare, ricordarsi cosa dire, mettere su un vestito, farlo vivere di vita propria.

Quella Compagnia che ammalia

Ma allora perché si respira questa magia che travolge anche chi gli ruota intorno?
Bruno mi ha risposto così:

Della recitazione mi piace soprattutto la Compagnia, farne parte. La sera mi dico -vado non vado-, purtroppo arrivo distrutto all’ora di cena. Ma poi il vero divertimento sono proprio le prove, si aprono dei siparietti!

Siamo una banda di matti, ci rilassiamo e ci dedichiamo al teatro.

Io ogni tanto mi appisolo da qualche parte ma c’è un fiume di emozioni che ci fa stare bene, ci sono l’ansia, il piacere, le aspettative.

Sinceramente, ormai, è anche una tradizione per il paese: vedere che le persone aspettano la commedia, vengono qui appena escono i biglietti, li comprano con eccitazione è una cosa che ci gratifica tutti. Porta allegria. E poi si parla della commedia per mesi, anche dopo che è finita!”

Bruno Santi e il suo “Milanese”

Ma scopriamo solo un po’ il personaggio di Bruno Santi che, da quanto mi ha raccontato, -per carattere- è abbastanza simile al ruolo che aveva in Vespasia Polla, altra commedia della Martelloni.
Quindi ritroveremo un anima un po’ crudele? A quanto pare sì.
Infatti, mi dice che il milanese ama scimmiottare gli altri e, in questa circostanza in particolar modo, i due cognati, Nazzareno e Rosario. Un formellese e un siciliano che subiscono le angherie e l’intolleranza di un milanese.
Un romano direbbe “non se po’ sentì!”

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Questo milanese saputo ci farà più ridere o stizzire?

Ah, io dico solo che noi siamo degli amatoriali e che il nostro spirito è quello di fare beneficienza. L’incasso sarà devoluto, come tutti gli anni, ad associazioni o realtà che vogliamo sostenere”.

Bruno Santi entra sul palco senza paura. Innanzitutto non va in confusione se dimentica le battute, mi fa sorridere quando dice che tanto capisce il senso della storia e quindi se le inventa le battute, all’occorrenza. E poi non sente i suggeritori, quindi deve inventare per forza.

Però non significa che non provo emozioni, anzi. Quando Lorella dice -cinque minuti in scena- io sento una botta al petto e mi dico -…e chi ha parlato?-. Però è una paura che mi piace, non la temo”.

Dunque aspettiamoci un milanese antipatico ma che la simpatia di Bruno Santi saprà plasmare!

 

 

Al Teatro J.P. Velly c’è
Arduino e Nazzareno 3

 

 

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